Tagli, finestre “mobili” e età minima: le nuove norme per le pensioni

Il primo gennaio del 2011 entrano in vigore alcune innovazioni sulle pensioni introdotte negli ultimi anni, con il protocollo del welfare e con la manovra anticrisi del maggio scorso. Il Sole 24 Ore riporta una tabella dettagliata per vedere e capire tutti i cambiamenti.

Le nuove finestre. Nel 2011 entra in vigore il nuovo sistema di calcolo delle “finestre”. Questo meccanismo serve a separare la data in cui si maturano i requisiti pensionistici dal momento (successivo) in cui decorre la pensione; si tratta di un meccanismo che garantisce l’innalzamento dell’età pensionabile, senza il clamore che accompagnerebbe una riforma esplicita dei requisiti pensionistici. Sino all’approvazione del Dl 78/2010, vigeva un sistema di finestre “rigide”: una volta che si maturava il diritto alla pensione, per fruire del relativo trattamento bisognava aspettare la prima “finestra” utile, coincidente con una data fissa. Dal primo gennaio la finestra si trasforma in un termine che si calcola per ciascun lavoratore, a partire dalla data di maturazione dei requisiti (finestre “mobili”). Questo termine, che è fissato in 12 mesi per i lavoratori dipendenti e che sale a 18 mesi per gli autonomi e per i parasubordinati, vale per tutti i trattamenti. Sono escluse dall’applicazione delle finestre mobili solo alcune categorie di lavoratori: primi fra tutti i soggetti che maturano i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre del 2010.

Gli adeguamenti. Dal primo gennaio aumenta di 7 euro l’importo delle pensioni minime (460,97 euro). Cresce nella stessa misura percentuale anche l’importo dell’assegno sociale e della pensione sociale. Per quanto riguarda le pensioni medie (comprese cioè tra 3 e 5 volte il trattamento minimo Inps), l’aumento per il 2011 è inferiore all’aumento del costo della vita; per le pensioni di importo mensile superiore a 1.382,91 euro, si applica un incremento pari al 90% dell’aumento Istat, per le pensioni superiori a 2.304,85 euro, la crescita è pari al 75%.

Salgono le quote. Aumentano anche i requisiti necessari per andare in pensione di anzianità. La maturazione del diritto alla pensione di anzianità, infatti, non dipende più solo dal raggiungimento di un numero minimo di contributi, ma è subordinata anche al raggiungimento di un’età anagrafica minima; inoltre, la somma di queste due voci (contributi ed età) non può essere inferiore a una cifra, la cosiddetta “quota”. Secondo la legge 247/2007, questa quota cresce annualmente, fino a stabilizzarsi nel 2013. Per il 2011, il valore della quota è fissato a 96, con un’età minima che non può essere inferiore a 60 anni. Per gli autonomi artigiani, commercianti, coltivatori diretti, è prevista una regola più penalizzante: la quota è fissata a 97, con un minimo di 61 anni di età.

Cosa cambia per le donne. L’innalzamento delle quote necessarie per andare in pensione di anzianità produce la sostanziale abrogazione di questo istituto per le donne (salvo il caso in cui le lavoratrici riescano a maturare 40 anni di contributi, e allora non si applica alcun requisito anagrafico). L’età minima prevista per andare in pensione di anzianità nel 2011, infatti, coincide con l’età minima necessaria per la pensione di vecchiaia nel sistema privato: 60 anni. Quindi, viene meno la possibilità di pensionamento anticipato. Questa parificazione non si verifica nel pubblico impiego, dove il requisito per la pensione di vecchiaia è fissato a 61 anni nel 2011 e sale bruscamente (come imposto dalla Ue) a 65 nel 2012; questa soglia può essere anticipata nel caso cui una lavoratrice avrà 60 anni di età e 36 di contributi.

Il calcolo dei contributi. Dal 1995 è stato introdotto il calcolo contributivo: ciò significa che gli assegni sono parametrati ai contributi versati. Al momento della pensione la dote accumulata da ciascun lavoratore viene trasformata in rendita mensile con un coefficiente che tiene conto dell’età e dell’aspettativa di vita. Questi coefficienti di trasformazione sono stati aggiornati al ribasso dal primo gennaio 2010: il risultato è una nuova limatura degli assegni a partire da quella data.

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