Perché in Usa ripresa, in Europa recessione? Bce non compra bond, presta denaro

Perché in Usa ripresa, in Europa recessione? Bce non compra bond, presta denaro
Mario Dragi (qui a sin. con Enrico Letta): la sua Bce deve cambiare strada

Perché in America (e Gran Bretagna) c’è la ripresa e in Europa continua la recessione? Perché gli Usa la banca centrale ha comprato bond, titoli, in Europa la banca centrale ha prestato denaro alle banche, che hanno pensato solo a se stesse e ai loro “ratios”, non hanno prestato i loro euro e se lo hanno fatto, sempre a tassi molto alti. Impressionante è l’analisi di Riccardo Sorrentino per il Sole 24 Ore:

“Non sarebbe stato possibile, per gli Stati Uniti e per la Gran Bretagna, uscire dalla recessione senza dosi massicce di quantitative easing. Gli acquisti di bond creano forse – ma solo oggi… – qualche problema perché è difficile ridurli senza conseguenze, e cominciano quindi a mostrare anche i loro costi, oltre che i loro vantaggi; ma gli effetti positivi, per quanto limitati rispetto alle attese, sono però indubbi”.

[…]

“I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Gli Stati Uniti sono da tempo in ripresa: non tutto è oro e quel 3,2% annualizzato del terzo trimestre non è ripetibile, mentre la disoccupazione resta alta perché la crisi ha comunque distrutto capacità produttiva, ma la recessione è ufficialmente finita nel 2009. Anche la Gran Bretagna – a parte qualche inciampo – ha visto il Pil cessare di contrarsi praticamente quattro anni fa; e ora vede l’inflazione frenare e la disoccupazione calare”.

Perché l’Europa, si chiede  Riccardo Sorrentino, 

“non ha seguito la stessa strada? La Bce è sempre sembrata la più timida tra le banche centrali: la più lenta a portare in basso i tassi, la meno esplicita ora nella forward guidance, l’indicazione dei passi che potrebbe fare nel futuro. Ha però fornito molta liquidità al mercato: da anni soddisfa tutta la domanda del settore bancario, con un costo del credito comunque molto basso; e le due operazioni a lungo termine (Ltro), triennali, hanno iniettato 3 mila miliardi facendo crescere rapidamente le dimensioni del bilancio dell’Eurotower”.

Perché allora (e senza tenere conto del devastante effetto del Governo di Mario Monti, poco più un anno peggio di uno tsunami, che però Riccardo Sorrentino non mette nel conto, forse perché è una specificità della povera Italia) l’effetto dello svenamento della Bce sull’economia reale è stato comunque limitato?

“Perché la Bce non compra titoli, ma presta denaro. Le banche, con le operazioni a lungo termine, si sono momentaneamente liberate dei vecchi bond dandoli in pegno alla Bce: iniziavano a “scottare” sui mercati perché le loro quotazioni calavano rapidamente. Se ne sono riappropriate, dopo averne comprati di nuovi a condizioni vantaggiose, quando sono tornati sicuri, almeno relativamente ai prestiti alle aziende, che infatti continuano a non concedere.

“In un vero quantitative easing, le aziende di credito vendono i titoli alla banca centrale, i loro bilanci – come ha ben spiegato Paul Sheard di Standard & Poor’s nella sua ricerca «Ripetete con me: le banche non “prestano” le riserve e non possono farlo» – restano strutturalmente vuoti di attività a lungo periodo e ad alto rendimento, e questo rende marginalmente più appetibile concedere crediti alle imprese. Gli effetti, ricorda Sheard, sono sempre piccoli rispetto agli sforzi, ma possono essere decisivi.

“La Bce sa bene tutto questo. L’opinione pubblica continuava a chiedersi perché le banche non “prestassero” alle aziende le riserve concesse da Francoforte ma in realtà l’intervento dell’Eurotower non era e poteva essere mirato a sostenere i prestiti bancari, ma solo a risolvere tensioni indesiderate sui mercati: la scommessa sulla rottura dell’euro.

“La struttura del sistema finanziario di Eurolandia è infatti un vincolo formidabile. A differenza di quanto avviene in Gran Bretagna – che anche per questo motivo è rimasta fuori dall’euro – e negli Stati Uniti, le aziende continentali si finanziano all’80% rivolgendosi alle banche e non al mercato. Quello che in altri momenti è apparso come un vantaggio, si è ora trasformato in un handicap: dovendo superare comunque il filtro delle banche, l’effetto di un eventuale quantitative easing, che abbassa solo i tassi di interesse di mercato a medio lungo termine, sarebbe quindi sicuramente più debole.

“Resta il problema. Per le banche, il tasso di interesse a breve termine è, in tutti i paesi di Eurolandia, vicino allo zero. Per le aziende, quello a medio termine oscilla tra il 2,9 e il 3,9% in Germania, tra il 3 e il 6% in Spagna e in Italia. Senza contare il fatto che il credito incontra altri vincoli oltre al prezzo.

“La Bce, però, non intende seguire la strada fin qui percorsa. Sa che gli effetti degli interventi sulla liquidità sono limitati, e che danno incentivi sbagliati alle banche – che hanno usato il denaro loro concesso per acquistare altri titoli di Stato. Non a caso, il presidente Mario Draghi ha avvertito che «se si dovessero fare operazioni simili all’Ltro», e la parola chiave è qui, si spera, “simili”, «dovremmo essere sicuri che siano usate per l’economia».

“Occorrerà avere molta creatività, ma è di questa che Eurolandia ha bisogno”.

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