ROMA- Pier Carlo Padoan ottimista. Per il ministro dell’Economia, infatti, il 2014 potrà essere l’anno della svolta per l’economia italiana. La ripresa è ancora fragile, ma è finalmente arrivata e le riforme messe in campo dal governo contribuiranno a sostenerla in modo determinante.
Non sarebbe quindi così sorprendente, spiega Padoan in Commissione Bilancio della Camera per illustrare i contenuti del Def, se poi la crescita fosse anche un po’ superiore allo 0,8% indicato prudenzialmente nel Def. Il ministro è in Aula anche per fornire indirettamente rassicurazioni all’Unione europea sullo stato dei conti pubblici italiani e sul piano di rientro del debito che subirà uno slittamento di un anno rispetto al previsto.
Nonostante il dialogo e i contatti siano “continui”, Roma – ha annunciato il ministro dell’Economia – ha infatti appena inviato a Bruxelles una lettera di notifica del rinvio al 2016 dell’obiettivo di pareggio strutturale, come la procedura impone formalmente. Tuttavia, ha tenuto a puntualizzare Padoan rivendicando in pieno la linea del governo malgrado (come fatto notare dal suo predecessore Tremonti) nella comunicazione manchi la sua firma, lo scostamento non compromette il raggiungimento dei target e il rispetto delle regole del fiscal compact.
“Il governo – ha chiarito – si impegna a rispettare il piano di rientro del debito con il raggiungimento dell’obiettivo pieno nel 2016 e sostanziale nel 2015”. Quest’anno il debito aumenterà al 134,9% ma già dall’anno prossimo il rapporto con il Pil “inizierà a scendere. La regola sul debito sarebbe quindi rispettata nello scenario programmatico”, ha evidenziato.
Se nel 2014 un aumento ci sarà, sarà dovuto al finanziamento dei fondi europei anti-crisi, allo scarso livello di crescita nominale e al pagamento dei debiti p.a. che il governo intende comunque portare avanti per dare spinta alla crescita. Il rimborso rientra infatti tra quegli interventi e quelle riforme (costituzionali, della p.a., di spending review, del lavoro, della giustizia) che il governo giudica essenziali per rilanciare l’economia e che avranno “un impatto permanente sulla capacità di crescita del Paese”, quantificato in 0,3 punti percentuali di Pil nel 2014 e in 2,25 punti in più nel 2018.
Numeri apparentemente “modesti” ma che in realtà, considerato lo scarso ritmo di crescita tipico italiano e la recessione degli ultimi anni (-9 punti di Pil dal 2007 al 2013), e la caratteristica di strutturalità, sono da giudicare estremamente importanti.