Il danno sarebbe di almeno 100 miliardi di euro: con lo stop ai bonus più di 3 milioni di famiglie italiane rinunciano alle spese già programmate.
L’attuale Governo ha già espresso in più occasioni, e con grande onestà intellettuale, la propria pura idiosincrasia nei confronti dei bonus. L’aiuto, secondo l’interpretazione di chi ci governa, è innanzitutto “spreco di danaro pubblico”, o nei casi peggiori “opaca carità di Stato” e “assistenzialismo fine a sé stesso”. Per poter finanziare le misure più urgenti o ritenute importanti, l’esecutivo ha dunque deciso di tagliare sussidi, incentivi e bonus vari.
Di norma, si è abituati a distinguere i bonus in due macro-categorie. Si parla per esempio di bonus economici nel caso di incentivi offerti per incoraggiare determinate attività o comportamenti utili alla crescita finanziaria e produttiva. E poi ci sono i bonus sociali, ovvero gli aiuti economici destinati alle famiglie o alle persone che versano in condizioni di bisogno (i più fragili).
Tagliando indistintamente tutti i bonus si ottiene di certo un risparmio sulla spesa dello Stato, ma a quale costo? Conviene davvero smettere di investire per dare sostegno all’economia reale? Secondo alcuni recenti studi, per esempio, la decisione del Governo di tagliare i bonus edilizi porterà più di 3 milioni di famiglie a rinunciare ai lavori già programmati o comunque preventivati da qui a tre anni. Ed è così che si potrebbe arrivare a una perdita di quasi 100 miliardi di euro.
Tanti infatti potrebbero essere i soldi destinati a svanire: tutti quelli che non saranno spesi per lavori di ristrutturazione, che, eliminati i bonus, non saranno più cominciati né portati a termine. Con un taglio importante dei bonus dedicati ai lavori in casa l’Italia rischia innanzitutto di penalizzare tantissime famiglie che stavano pensando a rendere più efficiente la propria abitazione. Dopodiché c’è anche il pericolo, non così tangenziale, di mettere in crisi tutto il settore edilizio.
Niente bonus e niente lavori: più di 3 milioni di famiglie rinunciano alle ristrutturazioni
La previsione arriva dal rapporto di CNA e Nomisma. Secondo lo studio, la riduzione degli incentivi per i lavori di ristrutturazione, con aliquote al 36% e un tetto massimo di 48.000 euro (per le seconde case, così come deciso dal Governo per il bonus ristrutturazione nel 2025), potrebbe avere un impatto catastrofico.
Si stima che la domanda delle famiglie per le ristrutturazioni diminuirebbe di 97,3 miliardi di euro in tre anni. Nella fattispecie, circa 3,5 milioni di famiglie, per via della revisione del bonus, potrebbero rinunciare ai lavori. Ed è dunque facile immaginare quali potrebbero essere le conseguenze sull’economia. Pur volendo tralasciare il danno per l’ambiente e per la società, è giusto parlare di un taglio che farà male a tutta l’Italia.
Il Governo ha detto di voler privilegiare le prime case. E poi di voler rimodulare i bonus edilizi per eliminare sprechi, abusi e fenomeni di scarsa equità. Ma lo fa, in pratica, riducendo drasticamente tutti gli incentivi. Una scelta che potrebbe davvero portare a una diminuzione della domanda per le ristrutturazioni.