L’avere a disposizione ingenti fondi, cioè più soldi, non è sempre un bene: qualcuno già paventa il rischio indebitamento e parla di dissesto.
In Italia si tratta di un processo noto: un’azienda vince un bando, un richiedente ottiene un riconoscimento per un suo progetto, un Comune incassa la promessa di investimenti da parte dello Stato o dell’Europa… ma alla fine, il tutto si risolve in un grosso e spiacevole nulla di fatto. Succede con tanti progetti nazionali e regionali, quasi ogni giorno. Lo sanno bene imprese, associazioni e privati. Si vince un bando, ma alla fine si è costretti a rinunciare ai soldi stanziati perché non in grado di anticipare i fondi (pure perché non c’è mai vera certezza di saldo o rimborso).
Succede anche a tanti piccoli Comuni italiani che in questi mesi sono stati investiti dalla speranza di poter accogliere piccole parti dei fondi previsti dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ebbene, i piccoli comuni non hanno abbastanza personale o risorse per poter gestire adeguatamente i progetti finanziati dal PNRR. E tutto ciò li mette in chiara difficoltà. I problemi sono di natura economica (non possono anticipare ciò che poi dovrebbero recuperare dall’UE) e organizzativa (non sanno come realizzare ciò che avevano presentato in progetto).
Secondo le stime note, solo nel 2023, oltre mille progetti sono stati abbandonati perché le amministrazioni comunali non riuscivano a gestirli. E non è tutto. E chi non si arrende a perdere i soldi, in molti casi, deve fare i conti con il rischio concreto di indebitamento. I Comuni rischiano in pratica di andare in dissesto finanziario perché devono anticipare i soldi per i progetti e poi aspettare molto tempo per i rimborsi.
Perché i Comuni rischiano l’indebitamento per poter ottenere i soldi previsti dal PNRR
I paesi con meno di cinquemila abitanti, che dovrebbero essere alcuni dei target privilegiati dal PNRR, per progetti infrastrutturali importanti, devono insomma per forza ricorrere a prestiti. O meglio, ad anticipazioni di cassa attraverso le banche. E ciò significa che devono pagare gli interessi passivi. Oltretutto, gli enti che offrono credito aprono solo a finanziamenti con un limite ben preciso: per legge non possono superare i cinque dodicesimi delle entrate comunali dell’amministrazione richiedente.
L’UNCEM, che è l’Unione nazionale comuni e comunità montane, ha proposto al Governo una possibile soluzione. L’idea è quella di poter dare un anticipo del 50% dei fondi del PNRR necessari ai Comuni e di creare un fondo rotativo per aiutare i paesi più piccoli a gestire i loro debiti. Ma da parte dell’esecutivo non sembra che ci sia la volontà e la forza di tendere una mano.
Il presidente dell’Unione nazionale comuni e comunità montane Marco Bussone continuerà comunque a farsi sentire. Dopo aver reso noto che tanti Comuni piccoli sono già a rischio dissesto finanziario per poter partecipare ai progetti del PNRR, sostiene che molte delle opere già intraprese non saranno portate a termine: mancano i soldi e si rischia l’indebitamento. A farne le spese, gli italiani, che perderanno servizi, opere e progetti a cui avevano diritto.