Referendum a Pomigliano, la parola agli operai: alle 16 ha votato il 66%, ma alla Fiat non basta un “sì”

Pubblicato il 22 Giugno 2010 - 18:32 OLTRE 6 MESI FA

pomiglianoCi siamo: è arrivato, a Pomigliano, il giorno del referendum sull’intesa firmata con la Fiat, lo scorso 15 giugno da tutte le sigle sindacali, tranne la Fiom. L’ultimo dato sull’affluenza dice che alle ore 16 ha votato il 66% dei 5.133 lavoratori chiamati al voto. C’è un’aria pesante intorno allo stabilimento e non mancano attimi di tensione tra gli “opposti schieramenti”, quello del sì e quello del no. Secondo quanto rende noto Giovanni Sgambati, segretario della Uilm Campania, “la percentuale di voto degli operai finora è molto alta, si attesta al 95-96%;  i lavoratori iscritti al libro matricola sono 4870”. Bassa, sottolinea Sgambati, la percentuale di assenteismo: “Al primo turno abbiamo registrato un 2,5%”.Da un’indagine compiuta dalla Fiom su 1200 lavoratori (una sorta di exit poll) emerge che avrebbe votato ‘sì’ finora il 60% dei dipendenti.

Le votazioni dureranno fino alle 21 e poi intorno alle 23 si conoscerà il risultato. C’è fibrillazione a Pomigliano. Le sigle sindacali sono divise, le forze politiche sono divise, Pomigliano è divisa tra due anime: chi sostiene il “sì” nella speranza di continuare ad avere un posto di lavoro e chi comunque dirà “no” per non accettare termini contrattuali “poco ortodossi”. Tutti con la paura nel cuore e con le pressioni dall’alto. Una tra tutte: alla Fiat non basta la maggioranza dei “sì”, la Fiat vuole un plebiscito o, almeno, sventola la possibilità di fare un passo indietro come fosse uno spauracchio, per convincere più lavoratori possibile a “farsi piacere” l’accordo. In ultima analisi paventa il “colpo gobbo” per “blindare” l’accordo: quel piano C che sostituirebbe Pomigliano con una Newco svincolata dagli obblighi del contratto nazionale.

E’ nella sala dove si pagano gli stipendi che gli operai potranno esprimersi: niente cassa integrazione, almeno per oggi, proprio per consentire a tutti le votazioni. L’azienda ha infatti richiamato al lavoro, su richiesta dei sindacati, tutti i 5.200 dipendenti per agevolare la partecipazione al voto. Dieci urne sono dentro la fabbrica, un’altra è nello stabilimento di Nola, dove c’é il polo della logistica. I turni sono tre: dalle 8 alle 10, dalle 10 alle 12, dalle 12 alle 14 (per il secondo turno le fasce orarie sono rispettivamente 15-17, 17-19 e 19-21). I circa 310 lavoratori di Nola votano dalle 12 alle 14 (primo turno) e dalle 14 alle 16 (secondo). La commissione elettorale, formata da dieci delegati (due per organizzazione, Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Slai-Cobas), ha convalidato le 5.200 schede. Ci saranno trenta scrutinatori per turno. Allo spoglio assisteranno i segretari territoriali e regionali dei sindacati.

Oggi, quindi, tocca agli operai e agli impiegati di Pomigliano decidere: se dire sì o no al quesito “Sei favorevole all’ipotesi d’accordo del 15 giugno 2010 sul progetto ‘Futura Panda’ a Pomigliano?”. Una scelta, quella espressa dai lavoratori, che potrebbe essere decisiva per il destino dello stabilimento, dei 700 milioni di investimenti per portare la produzione della Panda dalla Polonia a Pomigliano e, dunque, per il futuro lavorativo degli oltre 5mila Fiat e dei 15mila impiegati nell’indotto. La produzione della Nuova Panda a Pomigliano, se l’esito del referendum sarà positivo e la Fiat considererà ‘praticabile’ l’accordo, partirà nella secondo metà del 2011. Il primo passo sarà l’allestimento delle nuove linee di produzione che dovranno essere pronte prima della prossima estate. Per i lavoratori è previsto il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione, con corsi di formazione.

Le posizioni dei sindacati non sono mutate. Da un lato Fim, Uilm, Fismic e Ugl invitano gli operai a votare sì, con il sostegno di molte forze politiche e istituzioni (hanno preso pubblicamente posizione Regione, Provincia e Comune riunendo le loro assemblee), e dall’altro Fiom, Slai Cobas e l’Unione sindacale di base, sostenute da altre forze politiche, ma non da tutta l’opposizione (il Pd, con Enrico Letta, si è chiaramente schierata per il sì). Diversa, però, la posizione dei sindacati nel fronte del no: la Fiom, infatti, che ha rifiutato di firmare l’accordo e mantiene la posizione in merito, sostiene che il referendum è “illegittimo”, ma ha comunque invitato i lavoratori ad andare a votare, astenendosi dall’indicazione, e preferendo restare fuori dalle operazioni di voto. Lo Slai Cobas, invece, pur rigettando l’accordo che non è stato invitato a discutere, sta cercando di convincere quanti più lavoratori possibile a votare no, e ha accreditato 21 scrutatori che vigileranno sulle operazioni di voto. L’Unione sindacale di base ha promosso un presidio di lotta davanti ai cancelli della fabbrica per dire no a un accordo “scellerato”.

Alcuni delegati parlano anche di pressioni dall’alto sui lavoratori di Pomigliano: “Ci segnalano che a chi dice che voterà no, viene mostrato un tabulato con un elenco di nomi  -rivela un delegato a Repubblica – questo poi lo passiamo all’azienda”. Oppure, altra pressione: “Se i sì al referendum saranno al di sotto del 90 per cento, per la Fiat scatta il piano C”.

Uno spauracchio, questo, che ha un fondo di verità. Perché alla Fiat non basta la maggioranza dei “sì” al referendum, la Fiat ha bisogno di un plebiscito. Se, infatti, i sostenitori dell’accordo raggiungessero la maggioranza, anche se all’80%, non è detto che l’azienda non faccia un passo indietro e lasci la produzione della Nuova Panda in Polonia. Torino vuole che i sì raggiungano almeno il 90%, vuole una sconfitta palese e plateale della Fiom, così da ridurre ai minimi termini le possibilità di focolai interni allo stabilimento. Se così non sarà l’azienda di Marchionne potrebbe attuare il “piano C”: la costituzione di una Nuova Pomigliano, controllata da Fiat, che non applichi il contratto nazionale ma “imponga” dall’alto l’ultima proposta di contratto che ha diviso i sindacati.agli investimenti e ai posti di lavoro”.

Non sono mancati segnali di tensione e nervosismo all’esterno. Accuse reciproche vengono rivolte da una parte all’altra, perfino per interviste rilasciate alle tv. E così capita che il delegato provinciale della Fim, Michele Liberti, sindacato che ha firmato l’intesa, punti l’indice contro un esponente del Cobas (“mi hai rivolto accuse pesanti, inaccettabili”) e, viceversa, il Cobas, rappresentato da Mimmo Mignano, ex operaio Fiat poi reintegrato, replichi “siete dei venduti”. Parole grosse davanti allo stabilimento, il tutto mentre gli operai continuano a dire: “All’interno dello stabilimento i lavoratori sono sereni”.

Dubbi su voti fotografati. Secondo quanto denuncia lo Slai Cobas, nel corso delle votazioni al referendum, nello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco, “c’é il sospetto che qualcuno per certificare il proprio sì abbia fotografato il proprio voto”.

“Non c’é al momento alcun caso certificato – spiega Luigi Aprea, delegato Rsu dello Slai Cobas, nonché componente della Commissione elettorale – ma a un certo punto questa voce si è diffusa tra i lavoratori in fila e si è creato qualche attimo di caos”. “Da qui la decisione di esporre cartelli attraverso i quali abbiamo detto che è assolutamente vietato fotografare la propria preferenza di voto”.

Marcegaglia. Sulla vicenda interviene intanto Emma Marcegaglia. “L’impressione è che i lavoratori mostreranno il senso di responsabilità che serve – afferma il presidente di Confindustria da Bruxelles – e capiranno che in un’area delicata come quella di Pomigliano dire ‘no’ a un investimento di 700 milioni e al ritorno della produzione dalla Polonia sarebbe problematico. Sarebbe un segnale negativo per la capacità di attrarre investimenti nel nostro Paese”.