ROMA – Poste Italiane. Matteo Del Fante rivoluziona l’organigramma. Il nuovo team di dieci manager. Appena approdato al vertice di Poste Italiane (era ad di Terna), Matteo Del Fante ha segnato immediatamente una discontinuità con la precedente amministrazione Caio. In tre pagine ha redatto il primo ordine di servizio che prevede una rivoluzione nell’organigramma a partire dall’eliminazione nelle posizioni apicali dei due vicedirettori generali Paolo Bruschi e Pasquale Marchese, con il primo in partenza e il secondo destinato alla guida della funzione “mercato-privati”.
Sul Corriere della Sera Andrea Ducci dà conto del nuovo indirizzo, con al centro il team di dieci persone individuate da Del Fante per elaborare il piano strategico del gruppo.
La novità principale riguarda l’innesto di Giuseppe Lasco a capo delle funzioni «corporate affairs» e «corporate assurance e affari legali». Ruolo di peso, analogo a quello già rivestito in Terna, azienda da cui proviene lo stesso Del Fante. Tra le conferme si segnalano Marco Siracusano alla guida del BancoPosta, così come Antonio Nervi al «coordinamento gestione investimenti». Una casella strategica come la direzione «posta comunicazione e logistica» resta, al momento, nelle mani di Massimo Rosini, già in Merloni e Ilva, chiamato da Caio a guidare i servizi postali, dove lavorano oltre 60 mila persone.
L’ordine di servizio segnala anche gli interim di Del Fante in due importanti strutture come «amministrazione finanza» e «immobili e acquisti». La ricerca per sostituire l’ex direttore finanza Luigi Ferraris (nominato amministratore delegato di Terna proprio al posto di Del Fante) è a buon punto, così come procede l’analisi per individuare un sostituto di Bianca Maria Farina, nella veste di amministratore delegato di PosteVita. Farina è stata, infatti, nominata presidente del gruppo Poste e dovrà lasciare la guida delle attività assicurative. Strategiche, alla luce dei 15,4 miliardi di euro di premi netti, indicati nel bilancio 2016.
Una ricognizione sarebbe in corso anche per la direzione del personale (Poste è la più grande azienda del paese con 141 mila dipendenti), dove intanto è rimasto Pierangelo Scappini. Le manovre di aggiustamento sulla squadra si confermano, del resto, in corso «nelle more di affinamenti successivi degli assetti organizzativi», come specificato nella nota di servizio. Documento di per sé ordinario nella vita aziendale, quanto cruciale in questa fase di transizione. Il gruppo è reduce da un triennio contrassegnato da una quotazione in borsa – che ne ha mutato in parte la storica natura- , da una controversa gestione con tanto di mancata conferma di Caio, da fibrillazioni sindacali che hanno incrinato la pace sociale interna (lo scorso 4 novembre si è tenuto uno sciopero generale, evento mai accaduto nei 15 anni precedenti).
Un contesto dove la politica e gli stessi sindacati non hanno mai abdicato al ruolo di impegnativi stakeholder. Del Fante e la sua squadra di 10 manager dovranno navigare, indicando la rotta nel nuovo piano industriale, già in fase di elaborazione, e atteso per l’autunno. Sul tappeto alcune questioni cruciali. L’ipotesi di predisporre la quotazione di una seconda tranche del gruppo sembra tramontata (buona parte del Pd e lo stesso Renzi non la vedono di buon occhio), ma la necessità di remunerare adeguatamente il capitale, pagando dividendi al Tesoro e ai risparmiatori, resta prioritaria. L’ultimo trimestre targato Caio evidenzia la flessione di ricavi (-2,3%), ebitda (-6,3%), utile netto (-4,4%) e la frenata dei servizi finanziari (il risultato operativo segna -14,6%). Nel frattempo il patrimonio netto è sceso dai 9,6 miliardi del 2015 a 7,3 miliardi (-23%). (Andrea Ducci, Corriere della Sera)