Diceva qualche giorno fa Giorgia Meloni: “Quando mi sono insediata ho fatto una promessa, che avremmo stravolto tutti i pronostici. E ora i dati mostrano chi aveva ragione: dopo due anni di governo schiena dritta e idee chiare l’Italia è passata da una nazione citata tra i Pigs a Paese che cresce più della media dell’eurozona e ha il tasso di occupazione più alto da quando Garibaldi ha unificato l’Italia”.
Sarebbe davvero tutto molto bello, bellissimo, se non fosse che ci sono alcuni piccoli problemi sui dati del lavoro. Come si fa ad esultare per statistiche che considerano occupato anche chi è in cassa integrazione o chi ha lavorato anche una sola ora alla settimana? Come si fa a non capire che in Italia, al di là dei numeri sull’occupazione, gli stipendi sono fermi e che la povertà sta aumentando? Un mistero.
Di questi giorni la notizia dell’arresto di un imprenditore che a Catanzaro e dintorni nei suoi cinque supermercati faceva lavorare i suoi dipendenti a 4 euro l’ora. Esatto: 4 euro tondi tondi l’ora. Gli investigatori poi spiegano anche che quei poveri quasi schiavi lavoravano 50 ora la settimana, che a loro era sottratta una parte della busta paga, che le ferie non venivano concesse quanto dovuto e che gli infortuni sul lavoro venivano fatti passare spesso come incidenti domestici.
Come si fa a non capire che la maggior parte del lavoro in Italia è così? La maggior parte del lavoro in Italia è lavoro povero. Ma queste sono tutte cose che soltanto lassù, ai vertici della politica, sembrano non capire.
Un dipendente medio, una persona media, in Italia sa benissimo tutto. Chiunque in Italia sa come funziona il mondo del lavoro: stipendi bassi, contratti non rispettati, problemi continui. Tutti gli italiani lo sanno che, da quando Garibaldi ha unificato l’Italia, il lavoro nel nostro Paese è perlopiù povero. In Italia, infatti, non vota quasi più nessuno. O vogliamo continuare a far finta di niente?