Chi ha ancora dubbi sugli effetti dei cambiamenti climatici avrà tempo di ragionarci, magari davanti a un caffè al bar (che viaggia ormai a una media di 1,40 euro) o davanti a una carissima cioccolata calda (+154% il cacao da inizio anno).
O magari comprando un cestino delle tanto attese ciliegie (+18,5%). In tutti e tre i casi, oltre alle tensioni geopolitiche che fanno aumentare vertiginosamente il costo dei noli marittimi, c’è proprio lui: il cambiamento climatico. E’, ad esempio, il caso della frutta di stagione prodotta e consumata in Italia.
Anche in questo caso infatti, oltre a un effetto trasporto legato al caro- benzina, quello che fa schizzare i prezzi al dettaglio è proprio la scarsità di prodotto legato ad un clima non favorevole. Il brusco calo delle temperature registrato negli ultimi giorni in Italia rischia infatti di farsi sentire anche sulle tasche dei consumatori, attraverso un incremento dei prezzi al dettaglio dell’ortofrutta, è l’allarme viene lanciato da Assoutenti, dopo le gelate che stanno colpendo le coltivazioni in tutta la penisola.
“Dal nord al sud Italia i coltivatori segnalano problemi legati all’andamento delle temperature, salite sopra la media nelle scorse settimane e poi improvvisamente scese – spiega il presidente Gabriele Melluso -.
Una altalena che potrebbe danneggiare alberi e piante, decimando alcune produzioni tipiche del periodo primaverile. Questo significa che nelle prossime settimane i consumatori rischiano di fare i fare i conti con sensibili rincari per la frutta di stagione come albicocche, ciliegie, pesche, nettarine e susine ma anche pere e mele. Rincari che andrebbero ad aggiungersi ai pesanti aumenti dell’ortofrutta registrati nell’ultimo mese.
“I prezzi della frutta fresca – si spiega – sono infatti saliti in media del 7,3% su base annua, con punte del 20,1% per le pere e del 18,5% per la frutta con nocciolo (albicocche, ciliegie, susine, eccetera), +7,2% le mele”. E se non bastasse il clima “in tale contesto è altissimo il rischio speculazione”.
E il caffè al bar? E’ boom anche per le quotazioni di cacao e caffè, con i prezzi delle due materie prime che sui mercati internazionali stanno raggiungendo nuovi preoccupanti record. Aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. L’allarme questa volta arriva dal Codacons.
A inizio gennaio il prezzo del cacao era pari a circa 4.250 dollari la tonnellata, mentre mercoledì scorso, 24 aprile, le quotazioni sui mercati avevano raggiunto quota 10.800 dollari, con un incremento del +154% da inizio anno. Trend analogo si registra per il caffè, con il Robusta che è passato dai 2.800 dollari la tonnellata dello scorso gennaio ai 4.250 dollari del 24 aprile, segnando un +51,8%, mentre l’Arabica nello stesso periodo sale da 190 a 224 centesimi alla libbra (+18%).
Ma quale può essere l’impatto? Solo per i prodotti a base di cacao e caffè – spiega il Codacons – gli italiani spendono oltre 10,2 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: il giro d’affari del cioccolato nel nostro Paese è di circa 2 miliardi di euro, con un consumo pro-capite di circa 2 kg.
Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. Ben 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. Una spiegazione del fenomeno arriva dai medici ambientali di Sima.
“Alla base dell’impennata dei prezzi di alcune materie prime vi sono i cambiamenti climatici che stanno interessando il nostro pianeta – spiega il presidente Alessandro Miani -. Periodi di siccità prolungata, incremento delle temperature medie associate a improvvise e intense precipitazioni, alterano profondamente l’ambiente e il territorio, decimando le produzioni agricole con effetti a cascata sull’offerta di alcune materie e, di conseguenza, sui prezzi al dettaglio. Serve uno sforzo a livello globale per combattere le cause delle alterazioni del clima e del surriscaldamento del pianeta, perchè di questo passo le impennate delle quotazioni delle materie prime sui mercati rischiano di diventare sempre più frequenti”.