Privatizzazioni. “Fermiamo l’Opa sui nostri gioielli”. Giacalone su Libero

Liberalizzare, sì, ma come? E’ l’interrogativo del momento, ma non è la prima volta che l’Italia è costretta a vendere i gioielli di famiglia. E’ già successo per esempio nel ’92 . Davide Giacalone, esperto di privatizzazioni (ci ha scritto libri) attualmente a capo di DigitPa (centro informatico della Pubblica amministrazione), arrestato e poi prescritto durante Tangentopoli, non ha dubbi: si ripeterà la “grande rapina” del ’92. Dalle colonne di Libero, Giacalone mette in guardia dal ripetere gli errori del passato.

Oggi come allora il problema è la classe politica screditata. “Un mondo politico raso al suolo è funzionale a una nuova scorribanda”, dice Giacalone. L’esperienza dell’Italia uscita a pezzi da Tangentopoli deve servire da monito. Si era affermata l’idea di una classe dirigente corrotta e ripiegata su se stessa mentre le privatizzazioni furono fatte passare per moralizzatrici. Errore, sostiene Giacalone. Quelle privatizzazioni furono “il più colossale prelievo di ricchezza  della storia, a danno delle casse pubbliche e a beneficio di pochissime tasche private”. Il caso Telecom, per Giacalone, è emblematico: “Si trasformò una multinazionale sana in un bidone indebitato. Avevamo una rete all’avanguardia, ne abbiamo una vecchia”. E fu possibile con il concorso degli ex comunisti, più realisti del re, pur di cancellare le tracce anti-mercatiste dal loro curriculum. “Chi sarà oggi a fare da palo?” ironizza Giacalone.

Che ci tiene a essere considerato un fautore della prima ora delle privatizzazioni. Ma rifiuta di credere che sia un bene vendere Eni, Enel, Finmeccanica: vendendoli incasseremmo i soldi per calare il debito ma ci mangeremmo il reddito futuro. Tra motivi per cui procedere a una privatizzazione non ci dovrebbe essere una pistola alla tempia, tipo la borsa o la vita. Si vende ciò che non rende, o che non rende quanto dovrebbe, ciò che allarga il mercato e che produce ricchezza collettiva. Si vende se c’è un soggetto privato che sa ristrutturare e rilanciare, “non quello che gli permetterà di campare di rendita, alle spalle del venditore”.

L’ultima stoccata Giacalone la riserva ai tecnici. Un Draghi, proprio per non fare nomi, appena nominato alla Bce può sostituire benissimo i comunisti del ’92 per dare il via libera a nuove indiscriminate privatizzazioni. E non ha nemmeno senso prendersela con questi tecnici o evocare complotti internazionali. Il vizio d’origine è sempre lo stesso: “In un Paese senza una classe dirigente degna, il mercato cerca di portargli via quel che ritiene utile”.

Gestione cookie