Privatizzazioni Poste, Trenitalia, Enav, Cdp…il piano Padoan-Renzi da 10mld

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Marzo 2014 - 08:30 OLTRE 6 MESI FA
Padoan: "Nuove privatizzazioni. Bisogna creare lavoro ma occhio ai conti"

Pier Carlo Padoan (foto Ansa)

ROMA – Il governo Renzi va avanti con le privatizzazioni di Poste Italiane, Fincantieri e Ferrovie dello Stato. L’annuncio è venuto per bocca del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

 

L’obiettivo, spiega Paolo Festuccia su La Stampa, è duplice:

rendere più efficienti le società privatizzate e portare nelle casse dello Stato dagli 8 ai 10 miliardi di euro in due anni.

La privatizzazione di Poste e Enav era già cominciata con il governo Letta ma Festuccia spiega quali sarebbero le novità che riguardano le altre società:

tra le ipotesi che circolano negli ambienti di governo si discute già di eventuali operazioni sul fronte di società come «Grandi stazioni» (Ferrovie dello Stato possiede il 60 per cento) e Fincantieri controllata da Fintecna e quindi al 100 per cento di Cassa depositi e prestiti. 

Le altre priorità del governo indicate da Padoan a Cernobbio sono: creare lavoro e far crescere l’Italia, ma con un occhio di riguardo verso i conti pubblici.

Riforme e conti pubblici

Le misure messe in atto dal governo “hanno un orizzonte temporale di medio periodo. Non ha senso pensare a riforme che non abbiano questo orizzonte temporale. Non abbiamo alternative. Dobbiamo crescere, recuperare competitività, creare buona occupazione, senza mettere a rischio i conti pubblici”

Quella del lavoro “è una riforma che, consentitemi il bisticcio, permette di semplificare» ha spiegato il ministro dell’Economia. «E’ una riforma complessa che permette di semplificare, crea lavoro e più occupazione giovanile, è un elemento di crescita e di inclusione sociale”.

Disagio sociale

“C’è un rischio crescente di disagio sociale – ha detto Padoan – che colpisce una quota di popolazione salita dal 25,3% del 2008 al 30%, contro una media europea inferiore al 25%”.

Crisi e ripresa

“Tra il 2007 e il 2013 il Pil è andato giù di 9 punti percentuali. La crisi ha reso ancora più evidenti le difficoltà del modello italiano, il tasso di crescita già prima della crisi era la metà del resto d’Europa”.

“La ripresa resta fragile. Ma il protrarsi di un simile fase economica non è tollerabile dal Paese perché altrimenti si mette a repentaglio la tenuta della finanza pubblica.

Si è interrotta nel terzo trimestre del 2013 la prolungata caduta del Pil, ma il quadro congiunturale resta fragile ed esposto a molti rischi ed è anche caratterizzato da un’ampia eterogeneità di natura settoriale e territoriale”