Manager, paghe e privilegi. Sergio Rizzo: “Ora le società dicano no ai vitalizi”

Antoine Bernheim (AP Photo/Luca Bruno)

ROMA – Paghe alte, bonus e privilegi: sono passaggi della vita di un manager che in molti casi in Italia vede un quarto stadio, quello del vitalizio.

A farlo notare dalle colonne del Corriere della Sera è Sergio Rizzo che partendo da Antoine Bernheim, banchiere francese ed ex presidente di Generali.

Proprio lui ha un vitalizio «per diritto contrattuale fissato da lungo tempo», su cui tempo fa il Corriere della Sera ha chiesto un taglio volontario per devolverlo in beneficenza. «Non seguo le mode» , aveva risposto il diretto interessato.

Quel «diritto contrattuale» garantisce a Bernheim una pensione supplementare di un milione e mezzo l’anno, reversibile al 60%alla moglie. E all’anziano (86 anni) manager francese, il quale pur alla guida per decenni di una grande società italiana non ha mai rinunciato all’uso della propria lingua madre nelle occasioni ufficiali, erano stati concessi altri benefit: l’uso di una bella casa a Venezia, di un ufficio nel centro di Parigi e viaggi in aereo fra l’Italia e la Francia a spese della compagnia. Privilegi poi dolorosamente rivisti, stando alle notizie trapelate sulla stampa. Ma il vitalizio no, quello non si tocca.

Rizzo spiega ancora che il caso di Bernheim non è il solo. Erano gli anni Novanta e 4 dirigenti del gruppo Fiat avevano una forma di garanzia simile proprio a un vitalizio. Il quotidiano Mf fece i nomi: Giorgio Garuzzo, Paolo Cantarella, Giancarlo Boschetti e Francesco Paolo Mattioli. Un reperto di archeologia finanziaria. Negli anni, infatti, la creatività del «bonus a vita» , al quale stanno attaccati altri benefit grandi e piccoli, dalla segretaria all’elicottero, si è arricchita delle forme più stravaganti. Le consulenze, per esempio.

«Gli accordi con gli amministratori per ipotesi di cessione anticipata o meno del rapporto di lavoro» , per esempio, «potrebbero prevedere talvolta a favore degli stessi amministratori il mantenimento di benefici di tipo non monetario, i cosiddetti post retirement perks (benefit come l’uso di un’abitazione, di un ufficio, o dell’auto, ndr) nonché la stipula di contratti di consulenza ad hoc per un periodo successivo alla cessazione del rapporto», chiarisce la Consob in un rapporto.

Rizzo continua: I 40,6 milioni di euro incassati da Alessandro Profumo dopo tredici anni e mezzo alla guida di Unicredit impallidiscono al confronto dei 16,6 milioni che Cesare Geronzi intascherà per undici mesi e mezzo alle Generali. Parliamo di 47.982 euro al giorno, cifra pari a quattro anni di stipendio di un precario della scuola. Più la retribuzione, 2,3 milioni. Più i 9,2 milioni per i circa tre anni trascorsi in precedenza alla presidenza di Mediobanca. Più i 20 milioni della buonuscita da Capitalia. Più la pensione, che spetta a Geronzi dal 1996, quando gli vennero liquidati 54 milioni di lire (lordi, s’intende) al mese: 36,6 dall’Inps e 17,4 dal fondo della Cassa di risparmio di Roma. Buonuscite d’oro. Benefit illimitati. Vitalizi o assimilati che si sommano a pensioni già generose. Il tutto, dettaglio non trascurabile, sulle spalle dei risparmiatori.

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