Pubblico impiego stipendi: 107 euro promessi. In cambio: promesse di impiegati più utili

Pubblico impiego, circa tre milioni di dipendenti a vario titolo nelle varie amministrazioni. Improprio definirli statali perché una rilevante quota di loro lavora nelle istituzioni e aziende e comparti regionali e comunali. Poi i lavoratori della Sanità, della scuola, infine dei Ministeri e in realtà non è ancora finita perché lungo è l’elenco degli Enti Pubblici. Circa tre milioni di dipendenti pubblici a nome dei quali ieri i sindacato e il governo hanno siglato una comune dichiarazione di buona volontà, un po’ pomposamente battezzata “Patto per l’Innovazione”.

Senza innovazione nella P.A. niente miliardi Ue

Dovevano farlo, non potevano che farlo. Con una Pubblica Amministrazione non rinnovata (termine gentile, rispettoso ed eufemistico) i miliardi della Ue non arrivano o comunque si perdono. Non il solito ipocrita e pigro allarme sui fondi che si perdono per inefficienza. No, con una Pubblica Amministrazione così come è ora i miliardi non arrivano proprio. Quindi innovare equivale a incassare e incassare equivale a sopravvivere. Quindi ci devono provare a cambiare i connotati della Pubblica Amministrazione, perfino i sindacati non possono respingere l’idea. Di qui l’indispensabilità del “Patto”. Patto di intenzioni e patto di promesse. 

Stipendi: 107 euro mensili di aumento a regime

Promesso aumento a regime in busta paga (medio) di 107 euro mensili. Promesso, perché rinnovo del contratto ancora da siglare. Ma praticamente cosa fatta. Pochi, tanti, giusti 107 euro in media di aumento di stipendio? Di certo non pochi se parametrati alla condizione reddituale di altre categorie sotto danno economico da pandemia, i pubblici dipendenti infatti non hanno conosciuto Cassa Integrazione (e quindi riduzione del reddito) e hanno largamente usufruito dello smart-working, talvolta interpretato solo e soltanto come lavoro da casa.

Promessa di smart working regolato da contratto

Anche questa promessa hanno ricevuto i lavoratori del pubblico impiego: norme precise e limiti e modalità definite dello smart working. Si sono voluti mettere al riparo dallo smart working come lavoro sempre e dal sempre al lavoro, tanto è da casa.

Pubblico impiego: promessa di smart working utile

In cambio i sindacati hanno promesso smart working non come alibi per forme di lavoro a bassa intensità. Hanno promesso smart working legato al raggiungimento obiettivi. In soldoni, hanno promesso che lo smart working del pubblico dipendente non si tradurrà (oggi accade, eccome se accade) in nessuno in ufficio, nessuno risponde al telefono e l’utente si arrenda o si arrangi.

Promessa niente meno che di produttività

Produttività, parola sospetta e alquanto aliena nel mondo della Pubblica Amministrazione. Significa creare le condizioni, soprattutto rimuovere ostacoli e opposizioni a che a lavoro corrispondano risultati. Significa, perché non sia promessa vuota, meccanismi di valutazione, controllo e premio. I sindacati hanno promesso, promessa da sindacati? Promesse anche formazione reale del personale (quella che oggi si fa è una farsa). Formazione su e nuove professionalità. Insomma non solo laureati in legge e non solo vincitori di Concorsi concepiti su base giurisprudenziale. 

Promesse premessa di cultura del risultato e non della forma

Oggi la Pubblica Amministrazione italiana (con più consenso di quanto non appaia) ritiene suo compito fondamentale la correttezza delle procedure. Il buon pubblico amministratore oggi ritiene più importante le cose siano fatte in regola e i soldi spesi secondo procedura che il raggiungimento dell’obiettivo. Capovolgere questa cultura giuridica a vantaggio di un pragmatismo di gestione non sarà cosa facile, anzi proprio non sarà se non in parte e per gradi. I sindacati hanno promesso che ci stanno a provarci, il governo ha promesso aumenti e garanzie contrattuali. Buone promesse e buone intenzioni se camminano insieme.

Miglior stipendi e miglior contratto senza produttività e nuove professionalità sarebbero una conquista dei dipendenti pubblici ai danni di tutti gli altri lavoratori italiani. Impiegati pubblici più utili alla collettività sarebbero, anzi sono, una condizione di sopravvivenza generale.

Gestione cookie