ROMA – I tassi dei mutui, le rate per la casa o le cedole sulle obbligazioni: basta una telefonata a manipolarne l’entità, un colpo di telefono per muovere montagne di miliardi e, conseguenza diretta, gonfiare artatamente gli interessi dei comuni mortali, quando non mandare per aria l’intero sistema bancario. Nell’area euro esiste l’Euribor che determina il tasso interbancario medio, in Gran Bretagna il Libor: sul secondo sono state accertate manipolazioni e infatti è stato sottratto alla federazione delle anche inglesi (al Libor sono legati contratti derivati per 350mila miliardi di dollari, 5 volte il Pil mondiale del 2012, all’Euribor prodotti per 220mila miliardi di dollari).
L’Euribor, questione troppo seria per essere delegata alle banche, seguirà la stessa sorte del Libor, con un’agenzia terza (un’authority europea) che regolerà la faccenda. Scrive Giuditta Marvelli sul Corriere della Sera: “Ai giudici e alle istituzioni europee toccherà stabilire se i maneggi per avere un Euribor “addomesticato” agli interessi di questo o di quel grande gruppo bancario impegnato a far soldi con i derivati, abbiano radicalmente cambiato i connotati del tasso anche a danno degli utilizzatori più deboli, le famiglie con mutuo e bond.
Ma come funziona questo calcolo, qual sono gli step necessari alla configurazione quotidiana dei tassi? L’Euro Inter Bank Offered Rate (Euribor) misura il costo medio degli scambi finanziari tra le banche europee. Le banche si prestano soldi a vicenda: ogni mattina 42 banche devono rispondere a un questionario su quanto costa prestare soldi a un’altra banca, poi la European banking federation tira le somme e fissa l’Euribor giornaliero. In assenza di scambi (con la stretta creditizia, il credit crunch), con le banche che non si prestano più mezzo euro, il rischio di edulcorare la realtà è più elevato.
Lo precisa bene Maximilian Cellino sul Sole 24 Ore: “Il tarlo, del resto, sta nel meccanismo di determinazione del valore stesso: al telefono la banca è tenuta a comunicare il tasso al quale i depositi a termine vengono offerti da un istituto all’altro. Tutti però ormai sanno che almeno da quattro anni a questa parte, cioè dalla crisi Lehman in poi, il mercato interbancario si è praticamente prosciugato. Non esistono cioè quasi più scambi di denaro non assistito da garanzie su scadenze che vadano oltre la settimana, figurarsi sui tre mesi che poi è il parametro più utilizzato per derivati, future e mutui”.
Tornando sulla terra di chi ha a che fare con un mutuo. Dopo la batosta seguita al 2008, chi aveva acceso un mutuo a tasso variabile si scontrò con un tasso Euribor a tre mesi asceso fino a quota 5,3%.
Adesso, però, “godono della taglia ridottissima del tasso a cui è agganciato il loro mutuo, soprattutto se la maggiorazione applicata dalla banca all’epoca della partenza del contratto è nell’ordine dell’1-1,5%. Perché queste erano le misure dello spread sui mutui variabili qualche anno fa. Al contrario chi investe in titoli indicizzati, bond bancari o anche titoli di Stato (come i Cct Eu, legati all’Euribor semestrale) si trova un motore sempre più debole dentro la cedola” (Corriere della Sera).
In generale la media attuale per chi accende un mutuo oggi, sconta uno spread del 3/4%, cioè triplicato quando non quadruplicato rispetto agli anni in cui l’Euribor lo si manipolava a piacere per consentire ai soliti noti di lucrare sui derivati.