ROMA – A meno che le norme non lo escludano espressamente, il reddito di cittadinanza impatterà su divorzi e separazioni che prevedono un assegno destinato al coniuge finanziariamente più debole. Il ragionamento è semplice: se con l’introduzione del sussidio sarà lo Stato a fornire agli indigenti i mezzi di sussistenza con i 780 euro mensili del reddito o della pensione di cittadinanza, perché uno dei due coniugi dovrebbe accollarsi l’onere dell’assegno?
Vale per le separazioni e soprattutto i divorzi futuri, vale anche per quelle già in essere con il rischio di una valanga di ricorsi in tribunale: a spanne, calcola La Repubblica, una platea potenziale di mezzo milione di persone (ogni anno 20mila separazioni che prevedono l’assegno di mantenimento).
Non è il solo problema. Già senza sussidio, non sono poche le coppie che si separano per ottenere dei vantaggi economici, a livello fiscale per ottenere livelli di reddito Isee più bassi, per evitare pignoramenti e ingiunzioni dei creditori. La prospettiva di un mensile di 780 euro rischia di incentivare le finte separazioni per ottenere due o tre anni di sussidio o addirittura la pensione di cittadinanza per il resto della vita.