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Referendum Pomigliano, i dubbi di Marchionne: Italia, Polonia o newco?

di Elisa D'Alto |23 Giugno 2010 1:43

Sergio Marchionne

Dopo il referendum dei lavoratori di Pomigliano, che ha visto prevalere il “sì” all’accordo, ora la “palla” passa alla Fiat. L’azienda ha già fatto sapere che il  dei sì espresso dagli oltre 5000 dipendenti della fabbrica non è sufficiente.

Molti i dubbi di Marchionne: anche se ci fosse stata una una valanga di sì, questo non avrebbe dato al manager la certezza che Pomigliano riuscirà a mantenere gli obiettivi dell’accordo, senza resistenze da parte dei lavoratori, soprattutto quelli Fiom. Il rischio che scioperi, permessi per malattia o altro possa allentare la macchina della Fiat pensata in perenne produzione 24 ore su 24, rimane  la maggiore preoccupazione per l’azienda.

Per questo, aldilà dei numeri del referendum, Marchionne sta pensando al Piano A, ma anche al Piano B e a quello C. Sul piatto ci sono 3 opzioni, quindi. Trasferire la produzione della Panda dalla Polonia  a Pomigliano, se dalle urne dovesse arrivare una maggioranza davvero schiacciante di “sì”. Ma i numeri, almeno fino a questo momento, non indicano un plebiscito così forte: Marchionne sperava in un 80-85% di voti favorevoli al piano. La realtà, invece, sembra diversa: il “sì” c’è stato perchè l’alternativa è perdere il lavoro, non perchè si condivide il progetto Fiat.

In seconda battuta, quindi, Marchionne potrebbe invece lasciare la partita e abbandonare al suo destino la barca di Pomigliano, lasciando la produzione in Polonia. Ipotesi che incontrerà le resistenze del governo che non aspirerà certo a ritrovarsi con una fabbrica chiusa (e 5000 disoccupati senza considerare l’indotto) dopo la sorte capitata a Termini Imerese.

Infine, e siamo alla terza ipotesi, chiudere Pomigliano e riaprirla, ma stavolta con una nuova società (una “newco”) e ri-assumendo tutti i lavoratori con il contratto che nascerà dall’accordo separato. Questa opzione servirebbe ad evitare che la maggioranza dei lavoratori marci con i nuovi ritmi dell'”orologio svizzero” pensato da Marchionne e altri invece procedano a passo rallentato perchè non hanno firmato quell’accordo.

Intanto il Pd, con il segretario Bersani, ha sollevato un altro interrogativo legato a Pomigliano. Se all’accordo i lavoratori diranno sì la Fiat vada avanti con gli investimenti, ma che Pomigliano non diventi la regola: questo, in sostanza, il pensiero di Bersani. Già, perchè il rischio è che i 18 turni di Pomigliano, i limiti allo sciopero, il tetto alle malattie, possano diventare la regola anche per altri stabilimenti e altre aziende. Ipotesi che a questo punto potrebbe non piacere anche a Cisl e Uil che per Pomigliano hanno firmato. Cosa succederebbe, infatti,  se le stesse regole venissero applicate, ad esempio, alla pubblica amministrazione, dove le due sigle sindacali sono particolarmente forti?

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