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Regioni a confronto: come e quanto spendono

di Maria Elena Perrero |2 Luglio 2010 11:42

Giulio Tremonti

La Commissione tecnica sul federalismo fiscale ha consegnato al parlamento i bilanci su base omogenea di tutte le Regioni italiane, che sono stati rielaborati dal Corriere della Sera.

A ogni cittadino lombardo i dipendenti della Regione costano 21 euro a testa, meno della metà della media nazionale di 44 euro. Il costo arriva a 32 euro in veneto34 in Liguria, 36 in Emilia-Romagna, 43 in Toscana, per volare a 93 euro in Basilicata, 84 in Umbria, 83 in Calabria, 76 in Abruzzo, 71 in Campania, 64 nelle Marche, 56 in Puglia, 53 in Lazio, 50 in Piemonte.

Il record però è toccato dalle Regioni a statuto speciale: ogni anno i siciliani devono sborsare 349 euro per arrivare a pagare i 42.5oo euro di stipendio lordo medio annuo ai 20mila dipendenti di Palazzo dei Normanni, dipendenti che tra il 2003 e il 2008 sono aumentati di cinquemila unità, e che guadagnano quasi il 40 per cento in più dei ministeriali. Non solo: rispetto ai loro colleghi dei dicasteri, i lavoratori della Regione Sicilia vanno in pensione prima e con assegni ben più consistenti, che la Corte dei Conti ha calcolato in 2.472 euro a testa.

Eppure, benché a statuto speciale, la Sicilia non esercita le funzioni che le spetterebbero, preferendo delegarle allo Stato, come la gestione dei beni demaniali. Cosa che invece non fanno Valle d’Aosta e Trentino Alto-Adige: esercitano le loro funzioni, come l’amministrazione della scuola, che i cittadini pagano però 2.207 e 1.775 euro l’anno.

Ben più bassi i costi della Regione per i cittadini delle altre Regioni autonome. I dipendenti della Sardegna costano agli abitanti 148 euro l’anno, quelli del Friuli Venezia-Giulia 161.

Il rapporto tra gli stipendi pagati ai dipendenti e la spesa corrente complessiva, che è il criterio proposto dal governo per definire la virtuosità delle Regioni e stabilire così chi tra loro dovrà dare il maggior contributo alla manovra anti-deficit varia tra lo 0, 85 per cento della Lombardia e il 10,4 per cento della Sicilia. La media delle Regioni a statuto ordinario è 1,99  per cento, ma soltanto sei Regioni non lo superano: Liguria, Lazio, Emilia-Romnagna, Toscana e Veneto.

Il federalismo fiscale, sottolinea Mario Sensini, promette una rivoluzione, o un incubo, a seconda dei punti di vista. I costi della sanità non saranno più calcolati sulla spesa storica, ma sulla base dei costi standard, facendo quindi riferimento alla spesa dei più virtuosi. Una situazione che farà piacere a lombardi, toscani, marchigiani, emiliani e umbri. Molto peggio per quelli che vivono a sud di Roma. Il costo, per i cittadini, attualmente va dai 3.349 euro del Lazio ai 305 della Valle d’Aosta, o ai 1.616 della Basilicata, per restare tra le Regioni a statuto ordinario.

Il federalismo obbligherà i governatori ad avere i conti a posto, visto che se sforeranno i tetti dovranno aumentare notevolmente le tasse. E subire le conseguenze degli elettori.

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