Riforma Madia, i furbetti del cartellino salvati dalla Corte Costituzionale

Marianna Madia (foto Ansa)
Marianna Madia (foto Ansa)

ROMA – Ora che la Consulta ha bocciato quattro articoli della riforma Madia sulla pubblica amministrazione si rischia di rendere vani gli sforzi contro i cosiddetti “furbetti”. Perché è stato coinvolto anche un decreto importante.

Quello che prevede la sospensione in 48 ore del dipendente pubblico colto in flagrante, il taglio immediato dell’indennità e il licenziamento sprint entro 30 giorni. Insomma, è incostituzionale come la legge madre da cui deriva (la legge delega della riforma Madia). «Certo, deve essere un giudice a dichiararne l’illegittimità o l’amministrazione ad adeguarsi. Nel frattempo però il decreto va rispettato », spiega Massimo Luciani, docente di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma.

Con la nuova Costituzione tutto questo non sarebbe successo? Il premier Renzi ne è convinto. Non tutti però la pensano così. «Il nuovo articolo 117 elimina le materie concorrenti, ma non quelle residuali», spiega Luciani. Se il 4 dicembre vincesse il sì, avremo dunque le materie di competenza dello Stato, quelle delle Regioni e le residuali: tutto ciò che non fa il centro, lo fanno le Regioni. Esattamente come ora. «E l’organizzazione amministrativa delle Regioni, invocata dalla sentenza 251, è materia residuale che richiede dunque l’intesa, non il mero parere delle Regioni». La sentenza della Corte, con ogni probabilità, sarebbe stata la stessa. «C’è una novità, però: la clausola di supremazia. Se il governo la esercita, può legiferare anche in materie di competenza delle Regioni. Ma può farlo solo se sussistono esigenze di interesse nazionale».

Gestione cookie