Salari, Ocse. Siamo ultimi tra i paesi del G7, primi per carico fiscale

ROMA – Con 19.232 mila euro netti annui, il salario medio di un single italiano senza figli, il nostro Paese è il fanalino coda delle nazioni industrializzate. Un rapporto Ocse ci classifica al 22° posto. Nel 2010 la crisi economica ha congelato gli stipendi medi, ma le statistiche fotografano una realtà che viene da lontano: siamo infatti i primi per carico fiscale e contributivo che pesa sulla busta paga. Si riferiva proprio a questi dati il ministro Fornero quando ha buttato là, forse per spostare l’attenzione dalla querelle dell’articolo 18, che è ora di trovare un modo per alzare i salari.

Comunque, per tornare alla classifica, nel Regno Unito un single senza figli (è il parametro rappresentativo scelto dall’Ocse) guadagna ogni anno 30550 euro all’anno netti, negli Stati Uniti 25380 (corrispondenti a 39929 dollari), in Germania 24156 euro, in Francia 21444 euro. Va molto meglio ai single svizzeri con  32238 euro, va molto peggio ai messicani con meno di 8 mila euro annui. Nel contesto generale delle retribuzioni spicca il dato dei salari di ingresso nel mondo del lavoro, rimasti ai livelli di trent’anni fa. “Chi si affaccia oggi nel mondo del lavoro sembra escluso dai benefici della crescita del reddito occorsa negli ultimi decenni”, ha sostenuto il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco qualche giorno fa.

Primo problema, il cuneo fiscale e contributivo, cioè l’insieme di tasse e contributi pagato da impiegati e datore di lavoro,  troppo elevato. Infatti, rispetto per esempio ai paesi ricchi del G7, recuperiamo parecchie posizioni soltanto se il raffronto avviene sul salario lordo. Siamo ultimi per il livello dei salari ma ai primi posti (quinti) per carico fiscale e contributivo. Nel 2010, la componente non salariale ha raggiunto il 46,9% della busta paga di un single senza figli, in lieve aumento rispetto all’anno precedente (o,03%) per effetto del maggior peso Irpef. Il 15,4% del cuneo è incamerato dal Fisco, il 7,2% è pagato dal dipendente per la pensione e l’assistenza sanitaria, il 24,3% è versato dal datore di lavoro. IN Germania, per avere un confronto, i contributi sono divisi quasi in parti uguali tra dipendente (17,2%) e datore (16,2%) mentre le tasse in senso stretto assorbono il 15,7% della busta paga.

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