Salario minimo, accordo raggiunto sulla direttiva Ue: cosa prevede, 2 anni per adeguarsi

Trovato l’accordo sulla direttiva Ue per il salario minimo. Lo ha annunciato la Commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo (Empl) dal suo account Twitter. A notte fonda, dopo una trattativa durata ore tra Consiglio e Parlamento Ue, si è giunti ad una intesa che fissa i criteri minimi per “l’adeguatezza degli stipendi” al fine di “raggiungere condizioni di lavoro e di vita dignitose per i dipendenti europei”. Poi gli stati membri avranno due anni di tempo per adeguarsi.

“Quello raggiunto nella notte a Strasburgo è un accordo storico – spiega Daniela Rondinelli, europarlamentare M5s – Per la prima volta l’Unione europea fissa dei criteri per salari minimi adeguati ed equi e per contrastare la concorrenza sleale e il dumping sociale”.

Un provvedimento molto atteso in Italia, che il ministro Andrea Orlando ha definito “un assist per i lavoratori”. Qui il dibattito politico sul tema si è riacceso in questi ultimi giorni fino a creare qualche tensione all’interno della maggioranza e del governo.

Ma a Bruxelles sono certi che l’impatto della direttiva non sarà “negativo per la creazione dei posti di lavoro e per l’occupazione”, come ha già avvertito il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit, ricordando che dopo l’introduzione in Germania l’occupazione è anzi aumentata e che nell’Ue non saranno comunque previsti massimi e minimi salariali.

Salario minimo, cosa cambia

La direttiva punterà, secondo quanto già chiarito, a istituire un quadro per fissare salari minimi adeguati ed equi. L’Italia è tra i sei Paesi dell’Ue a non avere già una regolamentazione in materia, con un dibattito del tutto aperto tra le parti sociali e all’interno del governo stesso.

L’idea delle tre istituzioni europee è di rispettare le diverse tradizioni di welfare dei 27, arrivando però a garantire “un tenore di vita dignitoso”, a ridurre le disuguaglianze e a mettere un freno ai contratti precari e pirata. Si mira poi a “rafforzare il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva”.

La copertura della contrattazione collettiva in particolare dovrebbe venir fissata in una soglia compresa tra il 70% e l’80%, stando ai due obiettivi fissati rispettivamente da Commissione e Parlamento europeo e all’interno dei quali dovrebbe essere trovato un compromesso.

Salario minimo, quali Paesi non lo hanno oltre all’Italia

Oltre all’Italia il salario minimo non è stato istituito anche in Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia. Dove invece è già previsto, stando agli ultimi dati Eurostat, viaggia tra i 332 euro mensili della Bulgaria e i 2.257 euro del Lussemburgo. In Germania è pari a 1.621 euro.

Le definizioni di salario adeguato e minimo sono altri punti su cui si devono confrontare i negoziatori europei. Anche se il testo sarebbe ormai blindato da un accordo di massima raggiunto tra Francia e Germania e resterebbero da definire solo dettagli tecnici.

La nuova direttiva europea potrebbe così essere approvata definitivamente entro giugno facendo scattare da quel momento la tagliola dei due anni per il recepimento negli ordinamenti nazionali. Il provvedimento europeo, ha osservato Orlando “spingerà di più verso interventi che salvaguardino i livelli di salario più bassi e verso una disciplina organica”.

Salario minimo, il dibattito in Italia

Per il segretario della Cgil Maurizio Landini non bisogna ascoltare l’Europa “solo quando ci dice di tagliare le pensioni o cancellare l’articolo 18 o tagliare la spesa sociale. Se finalmente tutta l’Europa si rende conto che salari bassi e lavoratori precari senza diritti mettono in discussione tenuta sociale, bisogna ascoltarla”.

“Abbiamo un problema drammatico di lavoro povero”, la denuncia del segretario Pd Enrico Letta: “Noi siamo a favore del salario minimo, nella logica della direttiva Ue. Il salario minimo serve a togliere il più possibile dal tavolo le fattispecie di lavoro povero”.

Per il vice presidente di FI Antonio Tajani invece “si rischia di abbassare gli stipendi piuttosto che aumentarli”. Mentre per la leader di FdI Giorgia Meloni è “un’arma di distrazione di massa”, quando andrebbe tagliato il cuneo fiscale. Il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte ha definito “indegno” cercare di rimuovere il reddito di cittadinanza, “anzi dobbiamo lavorare per allargare il fronte – ha ribadito – introducendo anche il salario minimo”.

 

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