ROMA – Sanità. Il ministro Lorenzin archivia tagli, costi standard e lotta agli sprechi. Il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin, Pdl, ha rivendicato il merito di aver evitato tagli alla spesa sanitaria. Si deve principalmente a lei, insomma, se Fabrizio Saccomanni, il ministro dell’Economia, presentatosi con 4 miliardi sottratti dalla voragine contabile delle Regioni e da aggiungere al piatto delle risorse disponibili per il varo di una Legge di Stabilità, dedicata espressamente all’abbassamento della pressione fiscale. La circostanza mette in luce una contraddizione politica palese, per cui mentre il Pdl a gran voce invoca tagli alla spesa pubblica, un suo ministro al Governo si batte con successo per scongiurarli. Sembra di sentire Stefano Fassina (viceministro, Pd), ha ironizzato più d’uno.
Libero Quotidiano, giornale vicino al centrodestra, scava più a fondo sulla questione, rivelando i piani di un ministro che a proposito di spending review e razionalizzazione della spesa sanitaria ha deciso per un cambio di rotta difficile da spiegare agli elettori del Pdl. Basta cioè con la guerra senza quartiere agli sprechi, in soffitta il criterio dei costi standard: cioè le proposte con cui si sarebbero potuti risparmiare più del doppio dei miliardi prudentemente immaginati da Saccomanni.
Dieci miliardi di euro: a tanto ammontano i risparmi che il servizio sanitario nazionale potrebbe ottenere se le regioni con il disavanzo maggiore, vale a dire Lazio, Campania, Puglia e Sicilia, copiassero il modello di quelle più virtuose: Lombardia e Veneto in testa. Fra l’altro il livello qualitativo delle prestazioni offerte è decisamente superiore dove si spende meno: code meno insopportabili, tempi di prenotazione degli esami più umani, servizi in corsia decorosi. Nonostante i tagli lineari di Monti abbiano colpito anche chi risparmiava. Ebbene, questi risparmi, con tutta probabilità non si faranno mai. «Non è più possibile pensare a un modello di assistenza orientato a rendere competitivi tra loro i singoli sistemi regionali», ha affermato ieri il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, «i tempi sono maturi e la parola d’ordine deve essere rendere competitivo il modello sanitario in Europa ». L’affermazione è contenuta in un messaggio inviato dalla Lorenzin agli organizzatori del convegno “Federalismo in (poca) salute: una ricetta da riscrivere?”.
Posizione ovviamente legittima, ma che fa a cazzotti con il cuore della propaganda Pdl. Che ne è delle sentinelle anti-tasse e dei paladini della forbice anti-sprechi? Come si concilia l’archiviazione dei costi standard (cioè una media valida per tutte le Regioni tra i più virtuosi e i più spreconi) con la retorica del Leviatano pubblico che si mangia la ricchezza dei cittadini sudditi? Tra l’altro, non è irrilevante ricordare che Beatrice Lorenzin ha parlato anche di turn-over e di nuove assunzioni: bene, ma con quali soldi?. Un po’ come succede alla Legge di Stabilità: senza i 4 miliardi di Saccomanni, le risorse disponibili sono un po’ più aleatorie. Ce ne accorgeremo presto, quando l’Europa guarderà dentro la manovra e si accorgerà che è di carta velina e a rischio buchi.