La frase, quando le cose si mettono male, è sempre la stessa: “La congiuntura economica appare in forte rallentamento“.
In Italia l’economia è di nuovo in affanno? L’ultima legge di bilancio del Governo italiano ha già subito numerose reazioni critiche. Dapprima sono arrivate le perplessità della Banca d’Italia, della Corte dei Conti e dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Tutti questi soggetti hanno sollevato dubbi sulle stime macroeconomiche del Governo, ritenendole in pratica un po’ troppo ottimistiche. Si è insomma criticata la mancanza di dettagli sulle misure concrete e il loro impatto sui conti pubblici. Dopodiché si è lasciato intendere che il futuro prossimo potrebbe essere meno roseo del previsto.
L’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, ha invece espresso preoccupazione per l’impatto della manovra sui Comuni, specialmente per il blocco del turn over al 75%, la riduzione dei fondi per investimento e l’aumento dei costi per i servizi (a causa dell’inflazione). Tangenzialmente, l’ANCI ha anche messo le mani avanti, spiegando che i Comuni si aspettano ora una brutta annata dal punto di vista economico per tutto il Paese, e che non sono per questo esclusi rincari sulle imposte locali.
Qualche giorno fa, si è esposta pure la Fondazione Gimbe, spiegando che la manovra è manchevole per quanto riguarda il sostentamento del Servizio Sanitario Nazionale. Per la fondazione le risorse messe in campo appaiono insufficienti a garantire una copertura opportuna: il rischio è che il Paese vada incontro a un abbassamento del livello di assistenza e a un aumento delle tasse regionali.
Infine è arrivata Confindustria con un’opinione assai dura sulla nuova legge di bilancio. L’associazione degli industriali ritiene che la manovra non sia adeguata per affrontare le sfide economiche attuali. Gli ultimi dati, sebbene ancora provvisori, lasciano intravedere troppi elementi di fragilità: l’economia sarebbe in rallentamento, malgrado le previsioni del Governo che ha in più occasioni parlato di crescita e grandi risultati in termini di lotta all’inflazione e alla disoccupazione.
Per Confindustria bisogna stare attenti al meccanismo redditi-fiducia-consumi. L’associazione degli industriali prevede per la chiusura del 2024 un PIL in crescita non oltre lo 0,8%, con rischi orientati al ribasso. Ma tale indebolimento della prospettiva di crescita potrebbe rendere più complicato del previsto il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati per il 2026. Il segretario generale di Confcommercio-Imprese per l’Italia Luigi Taranto, presente in audizione in commissione Bilancio alla Camera sulla manovra, ha dunque lanciato l’allarme sull’economia in forte rallentamento.
Ma cosa vorrebbe Confindustria? L’associazione lamenta la mancanza di un piano concreto per stimolare la crescita e sostenere gli investimenti. Inoltre, non sembra aver gradito l’inserimento di un rappresentante del MEF nei collegi sindacali di aziende e fondazioni che ricevono contributi pubblici. La misura è stata interpretata come una mossa troppo intrusiva.
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