Gli insulti online possono costare cari: si parla di un diritto al risarcimento per la parte resa fino a 10.000 euro!
La giurisprudenza italiana considera gli insulti online come comportamenti censurabili e da reprimere attraverso multe. Per molto tempo internet è stato descritto e vissuto come un Far West in cui la virtualità, intesa come realtà seconda e dunque non primaria, sembrava implicare un’assenza totale di regole e limite.
Lo sviluppo pervasivo del web ha però reso indispensabile delle regolamentazioni ad hoc.In Italia si è scelto di applicare anche alla vita online alcune di quelle norme a tutela della dignità della persona. Per questo chi è vittima di insulti su internet può chiedere giustizia ed essere risarcito. Chi decide di intraprendere un’azione legale ha innanzitutto bisogno di prove. Si rende quindi necessario salvare (magari facendo uno screenshot) il messaggio offensivo ricevuto.
Laddove si presenti la possibilità che l’insulto determini una fattispecie di diffamazione o minaccia, si può quindi denunciare l’accaduto alla polizia postale o ai carabinieri e sporgere querela. In ogni caso, è sempre consigliabile farsi seguire da un avvocato. Detto ciò, bisogna sottolineare che per la legge italiana non tutti gli insulti online hanno lo stesso valore.
La giurisprudenza dà un diverso penso all’ingiuria, alla diffamazione e alla minaccia. In questo senso, chi insulta una persona in una discussione privata, come una chat, non commette reato e non rischia un processo penale. Dal 2016, infatti, l’ingiuria non è più un reato in Italia (lo era in virtù dell’art 594 del Codice Penale, oggi abrogato).
Ciononostante tale comportamento è punibile in via civile: ricorrendo a un giudice civile è quindi possibile farsi risarcire il danno secondo la gravità dell’insulto e, dunque, dell’offesa ricevuta. Sarà poi il processo civile a stabilire l’ammontare della sanzione amministrativa. Si va da un minimo di 100 a un massimo di 8.000 euro.
La sanzione è indipendente dal risarcimento, che è l’indennizzo chiesto dalla parte lesa per il danno al suo carnefice. E, di norma, il risarcimento per un’ingiuria si ottiene in misura pari o simile alla somma finale della sanzione (in casi gravi si arriva a risarcimenti pari a 10.000 euro, in media).
La persona offesa, detta in parole povere, non può sporgere una querela. Ma può comunque chiedere un risarcimento del danno di fronte al giudice civile. Il risarcimento cresce invece con la diffamazione, che si ha nel momento in cui l’insulto si esprime in assenza della vittima (in una chat di gruppo o su un post di un social network).
Con la diffamazione, per la legge italiana, si prospetta infatti un reato, punibile con la reclusione fino a sei mesi. Oppure con una multa fino a 516 euro. Se la diffamazione avviene attraverso un “mezzo di pubblicità”, come appunto un social network, la pena può essere più severa.
In caso di diffamazione a mezzo di stampa, da quest’anno, le pene si sono fatte molto più pesanti. Si parla infatti di multe da 50.000 fino 120.000 euro. Tornando agli insulti, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, oppure se il fatto è stato commesso in presenza di più persone, la sanzione va da 200 euro a 12.000 euro.