Molti lavoratori ignorano di aver diritto al riposo compensativo: quanto possono recuperare dopo la richiesta.
La legge tutela i lavoratori per garantire loro il recupero delle energie psico-fisiche dopo periodi di lavoro intensi o straordinari. Si tratta di diritti sanciti dalla legge e dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). Anche se, ovviamente, bisogna tenere in considerazione le disposizioni specifiche per diversi settori.
Di base, però, ogni lavoratore ha per esempio diritto a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive dopo sei giorni di lavoro continuativo, così come stabilito dall’articolo 36 della Costituzione. Quando lo straordinario impone la possibilità di lavoro nel settimo giorno, il dipendente ha diritto di richiedere un giorno di riposo compensativo, di cui poter usufruire il prima possibile.
Lo stesso accade a chi presta servizio durante un giorno festivo: anche in questo caso si ha diritto a un giorno di riposo compensativo. Tali diritti particolari sono sanciti principalmente dal Decreto Legislativo 66/2003, che regola la normativa in materia di orario di lavoro. Ci sono poi casi in cui, oltre al riposo aggiunto, il lavoratore ha anche diritto a una maggiorazione della retribuzione per tutte le ore lavorate durante i giorni di riposo o festivi.
Se il datore di lavoro non concede questi diritti essenziali, il lavoratore può sempre richiedere un risarcimento per il danno subito, noto come “usura psico-fisica”. Il riposo compensativo è infatti un periodo di riposo stabilito per legge e dunque inalienabile, che viene concesso ai dipendenti per compensare il tempo che hanno dedicato al lavoro oltre l’orario ordinario previsto dal contratto di lavoro.
Secondo la normativa vigente, il riposo compensativo viene calcolato in base alle ore di lavoro straordinario effettuate. Le ore aggiuntive accumulate possono essere infatti convertite in periodi di riposo compensativo di durata equivalente. Per fare un esempio pratico: nel caso in cui un lavoratore abbia già accumulato dieci ore di straordinario, avrà diritto a dieci ore di riposo compensativo.
La normativa stabilisce però che la fruizione di questo speciale riposo debba essere compatibile con le necessità organizzative e di servizio dell’azienda. Quindi il lavoratore non può pretendere di usufruirne quando e come vuole. La questione è molto delicata. Innanzitutto perché il riposo compensativo va tutelato per questioni di rispetto della persona ma anche per evitare infortuni. Si tratta di garantire che i lavoratori possano recuperare le energie psico-fisiche spese dopo periodi di lavoro particolarmente intensi o gravosi.
Mettiamo che un dipendente abbia lavorato continuativamente per oltre sei giorni, quindi anche di domenica e nelle eventuali altre festività di calendario. E che lo abbia fatto senza aver beneficiato del riposo compensativo nei giorni seguenti. Ecco, per legge, può richiedere di ottenere subito un altro giorno di pausa. E tutto ciò per non subire il già citato danno da usura psico-fisica. In alternativa può richiedere un rimborso o un maggior trattamento retributivo (anche con indennità sostitutiva). In molti contratti collettivi di lavoro, infatti, non è previsto il giorno di pausa dopo sette giorni continuativi. Tutto ciò che si può ottenere è il trattamento straordinario in busta paga.
Se il contratto di lavoro invece indica che al lavoratore deve essere concesso il giorno di lavoro settimanale, la mancata concessione del riposo, anche in forma di successivo riposo compensativo, diventa un atto illecito del datore di lavoro che può essere denunciato. Bisogna quindi rivolgersi al giudice del lavoro o ai sindacati.
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