TORINO – La Fiat non produrrà più auto per il popolo: uscirà dal mercato di massa, rilancerà l’Alfa, punterà alle fasce medio-alte e tutti gli operai rientreranno dalla cig. A 9 giorni dall’acquisizione di Chrysler è in questa direzione che punta lo sguardo di Sergio Marchionne. L’ad di Fiat, intervistato dal direttore del quotidiano la Repubblica, Ezio Mauro, spiega il suo piano per il futuro.
Ammesso che non crolli il mercato, si intende. Quanto all’indebitamento del gruppo dopo l’operazione Chrysler Marchionne si dice nient’affatto preoccupato. “L’aumento di capitale sarebbe una distruzione di valore e il convertendo potrebbe essere una misura adatta”.
La promessa è che “tutti i lavoratori degli stabilimenti italiani rientreranno dalla cassa integrazione, e nega che ci sia una clausola di protezione dell’occupazione americana nell’accordo con Veba. “Neanche per sogno, sarebbe una cosa tipicamente italiana, che là non è venuta in mente a nessuno”.
“A Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati. A Melfi le 500 X e piccole Jeep. A Pomigliano le Panda. A Cassino il rilancio dell’Alfa. Mi impegno: saranno riattivati in pieno tutti gli impianti italiani”.
Secondo l’ad Fiat,
“questa operazione ha permesso la sopravvivenza dell’industria italiana in un mercato dimezzato. Ora possiamo ripartire con reti e basi più forti. La società avrà un nome nuovo. Ci quoteremo dove c’è un accesso più facile ai capitali. La sede verrà decisa anche in base alla scelta di Borsa, ma avrà un valore solo simbolico”.
Marchionne sceglie coscientemente di abbandonare le fasce medio-basse perché
“La capacità italiana di produrre sostanza e qualità, di lavorare e costruire è enormemente più apprezzata all’estero che da noi. Il carattere dell’automobile italiana esiste eccome. Tutto ciò è una ricchezza da cui ripartire. Noi siamo pronti ma se continuiamo a martellarci i piedi, invece di puntare al meglio, finirà anche questa storia”.
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