Oltre 1,6 milioni di stelle sono già state setacciate alla ricerca (finora vana) di segnali radio rivelatori di tecnologie prodotte da civiltà extraterrestri.
Lo hanno fatto gli astrofisici del Trinity College di Dublino insieme a quelli del progetto Breakthrough Listen e dell’Onsala Space Observatory in Svezia, grazie a una nuova tecnica che non utilizza un singolo telescopio bensì più telescopi in diverse località, in modo da effettuare ricerche a frequenze molto più basse riducendo i segnali falsamente positivi.
I primi dati raccolti sono pubblicati su Astronomical Journal. L’indagine, ancora alle battute iniziali, ha utilizzato il radiotelescopio irlandese Lofar e la sua controparte svedese a Onsala per osservare obiettivi celesti già segnalati come interessanti dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea e dalla missione Tess della Nasa.
“Negli ultimi 50 anni – afferma il radioastronomo Evan Keane – sono aumentate costantemente le prove che dimostrano come gli elementi e le condizioni necessarie per la vita siano relativamente comuni nell’universo, il che solleva una delle più grandi domande senza risposta della vita: siamo davvero soli?
Con questo progetto basiamo la nostra ricerca sul presupposto che le civiltà altrove nell’universo possano impiegare tecnologie simili a quelle sviluppate sulla Terra. Di conseguenza le radiofrequenze sono un ambito logico dove cercare intelligenze extraterrestri a causa dell’uso diffuso delle telecomunicazioni e dei radar, e il nostro accesso ai radiotelescopi di prossima generazione offre una grande opportunità per un’immersione profonda nell’universo”.
“Ciò che rende indagini come questa davvero accattivanti – aggiunge il primo autore dello studio, Owen Johnson – è il fatto che stiamo spingendo questi telescopi ai loro limiti assoluti, direzionandoli verso porzioni di cielo considerevoli.
Come risultato, abbiamo l’entusiasmante possibilità di scoprire ogni sorta di fenomeno e, se siamo molto fortunati, anche di incontrare i nostri vicini cosmici”.
A breve il telescopio Lofar “sarà sottoposto a una serie di aggiornamenti graduali su tutte le stazioni in Europa, che consentiranno una ricerca ancora più ampia”, sottolinea il ricercatore. “Abbiamo miliardi di sistemi stellari da esplorare e faremo affidamento su alcune tecniche di apprendimento automatico per vagliare l’immenso volume di dati”.
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