Ancora un mese da record per le temperature, almeno dal 19/esimo secolo, da quando cioè esistono le rilevazioni meteorologiche.
Il settembre che è appena trascorso, secondo i dati del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus, ha fatto registrare una temperatura superficiale media dell’aria di 16,38 gradi, 0,93 in più rispetto alla media dello stesso mese degli anni 1991-2020 e 0,5 oltre il precedente primato del 2020.
Un’anomalia che sta proseguendo nei primi giorni di ottobre con pesanti conseguenze: oceani più caldi anche in profondità, scioglimento dei ghiacciai anche in Antartide, lo zero termico a 4.600 metri in Italia, e ancora fenomeni estremi come alluvioni e nubifragi.
Si tratta di uno scenario che, secondo Bernardo Gozzini, direttore del Consorzio Lamma-Cnr, “è spiegabile con la tropicalizzazione del clima e in particolare con l’azione del monsone africano e di quello indiano: il primo, spingendo verso nord la fascia tropicale, ha fatto ormai da anni diventare protagonista dell’estate l’anticiclone africano.
Così le nostre estati, e anche l’inizio dell’autunno, sono dominate dall’anticiclone africano e non più da quello delle Azzorre, che ormai è un ricordo. Il secondo, determinando lo spostamento di masse d’aria verso l’alto, ha favorito gli eventi estremi”.
Anche settembre, purtroppo, ha confermato il trend già registrato a luglio e agosto: secondo il report di Copernicus si è trattato del “mese caldo più anomalo” registrato dal 1940 ed è stato di circa 1,75 gradi più caldo della media dei mesi di settembre del periodo preindustriale 1850-1900.
Anche la temperatura globale tra gennaio e settembre 2023, secondo il report, è stata di 0.52 gradi superiore alla media e di 0,05 gradi superiore al periodo equivalente dell’anno solare più caldo (2016).
Per l’Europa, il mese scorso è stato il settembre più caldo mai registrato, con 2,51 gradi in più rispetto alla media degli anni compresi tra il 1991 e il 2020 e 1,1 in più rispetto al 2020.
“Ma a preoccupare più di ogni altra cosa – spiega Gozzini – è lo scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide, a un livello mai visto prima dal 1978, anno in cui sono cominciate le rilevazioni satellitari in questa parte del pianeta”.
Per il climatologo i dati di Copernicus, oltre a confermare il riscaldamento globale, “rappresentano segnali evidenti che il fenomeno si è aggravato”. Lo dimostrano le temperature registrate negli oceani, che sono aumentate anche in profondità.
“Gli oceani, che assorbono il calore che arriva sul nostro pianeta – sottolinea il climatologo – cominciano a non farcela più. Inoltre il riscaldamento del mare ha inoltre reso meno efficienti i fitoplancton, microrganismi che vivono in profondità che hanno la funzione di assorbire l’anidride carbonica”.
La capacità degli oceani di trattenere il calore un ruolo-chiave nel provocare fenomeni estremi. “Il meccanismo – spiega – è questo: l’oceano assorbe il calore dell’aria, determinando una maggiore emissione di vapore acqueo in atmosfera. Il passaggio dalla forma liquida a vapore libera una certa quantità di energia che aumenta i fenomeni estremi”.
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