Shell/ Processo a New York per la morte di un attivista. Industria petrolifera globale sotto accusa nei Paesi in via di sviluppo per inquinamento e violazione dei diritti umani

Quattordici anni  dopo la messa a morte dello scrittore e attivista per i diritti umani nigeriano Ken Saro-Wiwa da parte del regime militare di quel tempo, il gigante petrolifero Royal Dutch Shell è chiamato ad apparire mercoledi di fronte ad un tribunale federale di New York per rispondere alle accuse di crimini contro l’umanità in relazione alla sua morte, a quanto riferisce il New York Times.

Il tribunale vaglierà accuse secondo cui la Shell si accordò con il regime per mettere a tacere Saro-Wiwa, fortemente critico del governo e della compagnia petrolifera, e pagò i soldati che commisero abusi dei diritti umani nel delta del Niger, ricco di petrolio ma con una popolazione poverissima.

Il processo è l’ultimo di una serie di procedimenti penali contro alcune delle più grandi compagnie petrolifere del mondo, accusate di misfatti nei Paesi in via di sviluppo dove una volta venivano considerate intoccabili. Le compagnie sono nel mirino della giustizia per aver causato danni all’ambiente, per collusione con regimi repressivi e per aver contribuito alla violazione dei diritti umani.

La Chevron, per esempio, potrebbe essere condannata in Ecuador ad un risarcimento di 27 miliardi di dollari per inquinamento della giungla. Alla Exxon Mobil hanno fatto causa abitanti di villaggi indonesiani nella provincia di Aceh che l’accusano di aver avuto nel libro paga soldati che hanno commesso abusi contro civili durante il loro servizio di guardia ad uno stabilimento per la produzione di gas naturale.

Ma allo stato dei fatti il caso più eclatante è quello della presunta complicità della Shell nella messa a morte di Saro-Wiwa e di altri otto membri della tribù Ogoni, che suscitò vaste proteste in tutto il mondo contro la compagnia petrolifera il regime militare nigeriano.

L’azione legale contro la Shell asserisce che all’inizio degli anni novanta la compagnia cominciò ad essere allarmata dalla campagna di protesta condotta da Saro-Wiwa contro il danno ecologico che l’estrazione petrolifera causava nel delta del Niger, dalla cattiva immagine che ne derivava per la Shell e dal timore che le proteste potessero mettere in pericolo le sue attività estrattive. Di conseguenza, secondo le accuse, la Shell «cercò di eliminare quelle minacce attraverso sistematiche violazioni dei diritti umani».

Seppure in Nigeria è ora al potere un governo civile, negli anni recenti la violenza nel delta del Niger è andata aumentando, alimentata dalla povertà, dalla corruzione e da profitti illeciti da parte di funzionari governativi locali.

Nella settimana scorsa sono scoppiati scontri armati tra forze governative e gruppi di ribelli, che hanno dichiarato ”guerra totale” nella regione contro il governo e minacciato le attività delle compagnie petrolifere.

L’esito del processo a carico della Shell potrebbe avere conseguenze negative per l’industria globale del petrolio, secondo quanto afferma Arvind Ganesan, dirigente di Human Rights Watch. «Se la giuria trovasse la Shell colpevole», ha detto, «l’intera industria petrolifera dovrebbe rivedere in fretta i metodi finora usati nei Paesi in via di sviluppo».

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie