La riforma in arrivo potrebbe coinvolgere centinaia di migliaia di lavoratori: nei piani del Governo la pensione anticipata slitta ancora.
L’esecutivo punta ad allungare l’età pensionabile per molti dipendenti pubblici e, al contempo, a organizzare un nuovo piano di reclutamento del personale. L’idea di trattenere i dipendenti oltre il limite corrente dell’età pensionabile e, insieme, di dar spazio a nuovi giovani lavoratori può all’apparenza sembrare contraddittoria o poco intuitiva… Ci sono però varie ragioni che potrebbero giustificare, almeno in senso pratico, una simile proposta.
I dipendenti più anziani garantiscono esperienza e competenza: sono risorse preziose per settori quali la pubblica amministrazione. La loro permanenza è dunque consigliabile per aiutare a mantenere un alto standard di efficienza e qualità nel lavoro. Gli anziani possono altresì essere referenti utili per formare, come mentori, i nuovi assunti: possono velocizzare l’inserimento dei giovani, trasferendo loro conoscenze e competenze.
Trattenere i dipendenti statali più a lungo contribuisce anche in modo concreto alla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico: più tardi un lavoratore va in pensione e meno pressione grava sulle casse dello Stato… E, secondo le ultime indiscrezioni, la riforma della pubblica amministrazione in programma con la prossima Manovra avrebbe proprio questo duplice obiettivo: inserire giovani specializzati e trattenere i “vecchi”.
Il piano dovrebbe contemplare tre punti fondamentali. Uno: semplificazione delle procedure di assunzione. Due: aumento degli stipendi. Tre: reperimento di profili specializzati nelle discipline STEAM (scienze, tecnologia, ingegneria, arti e matematica). Ma per dar spazio a una nuova forza lavoro, più specializzata, bisognerebbe accompagnare alla pensione i dipendenti pubblici più esperti… Come abbiamo visto, non è proprio così: i nuovi andrebbero affiancati nei loro primi anni da dipendenti esperti e ben inseriti nella pubblica amministrazione. Ed è per questo che molti lavoratori vicini alla pensione rischiano di dover restare in servizio più a lungo del previsto.
Nessun obbligo: l’esecutivo non ha un progetto preciso ma sta solo ragionando sulla possibilità di introdurre un piano volontario di posticipo del pensionamento. La pensione slitta, insomma, solo per scelta o convenienza. Si parla dunque di un accesso possibile al pensionamento a 70 anni, ma non per tutti e non per forza: chi vorrà potrà andare in pensione con i requisiti attuali (67 anni, per la pensione di vecchiaia ordinaria).
Chi rimane al lavoro e accetta dunque l’uscita posticipata dovrebbe ottenere dei vantaggi. Un maggiore accumulo contributivo, per esempio. E poi? Poi non si sa! A oggi, non sono ancora chiari tutti i vantaggi e il funzionamento della misura. Sappiamo solo che si sta lavorando a un’idea simile, dato che lo ha confermato anche il ministro della Funzione Pubblica Paolo Zangrillo, durante il Forum Thea di Cernobbio: i lavoratori pubblici non saranno obbligati a posticipare la pensione oltre i 67 anni.
Il ministro Zangrillo è dunque impegnato in un nuovo progetto che mira a migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione tramite l’assunzione di ragazzi specializzati e l’allungamento dell’età per l’accesso alla pensione anticipata. E perciò di parla di nuovi requisiti per la pensione anticipata per i dipendenti statali, con particolare riferimento ai comparti Difesa e Sicurezza, ma anche ad altri settori. Un’idea che i sindacati hanno già definito come una “follia”.
Attualmente, i dipendenti del comparto Difesa e Sicurezza vanno in pensione a 60 anni, mentre gli altri dipendenti raggiungono il limite a 65 o 67 anni, a seconda degli specifici requisiti contributivi disponibili nelle varie misure. Il Governo vuole invece favorire un’estensione del servizio fino a 70 anni per tutti i dipendenti pubblici: ecco come slitta la pensione anticipata e anche quella ordinaria.
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