Una sentenza della Cassazione si è pronunciata su un caso di soldi donati alla badante dall’anziano senza il permesso degli eredi.
Nella società contemporanea, la figura della badante è ormai non solo diffusa ma anche fondamentale. Ciononostante, sono ancora troppi i casi in cui il valore del contributo di queste lavoratrici (o di questi lavoratori) è sottostimato. Lo Stato è chiamato a garantir loro diritti e protezioni adeguate. Le famiglie che assumono tali figure devo invece imparare a gestire anche emotivamente la presenza di riferimenti indispensabili per l’assistenza personale, il supporto sanitario e la gestione domestica degli anziani.
Spesso si sente parlare di badanti approfittatrici: persone che, approfittando dello stato di fragilità o di scarsa lucidità dell’anziano assistito, riescono a ricavare profitti illeciti dal loro lavoro. Per esempio ottenendo dall’assistito regali, quote in eredità, aumenti ingiustificati. Oppure sottraendo o rubando beni.
Ma come interpretare l’ipotesi in cui un anziano decida di regalare soldi alla badante? Secondo il Codice Penale italiano, tale comportamento potrebbe rientrare nella fattispecie del reato di circonvenzione di incapace (così come espresso dall’articolo 643). In pratica, la badante a cui sono stati regalati dei soldi potrebbe aver abusato della vulnerabilità dell’anziano assistito proprio per ottenere un guadagno.
La legge permette all’anziano di tornare sui propri passi. Secondo l’articolo 775 del Codice Civile, la donazione può essere infatti annullata su richiesta del donatore, dei suoi eredi o dei loro successori. Ciò se il regalo è stato fatto da una persona incapace naturalmente.
L’incapacità naturale è uno stato riconosciuto dalla giurisprudenza indipendente dall’incapacità di intendere e di volere. Nel primo caso la mancanza di lucidità può essere transitoria e non c’è bisogno che sia comprovata da un certificato medico: basta insomma dimostrare che la persona è in uno stato generale di fragilità, tale da poter essere manipolata.
Tuttavia, la Cassazione ha recentemente emesso una sentenza assai inaspettata. In un caso specifico, il Tribunale di Padova ha scagionato due badanti e un’amministratrice di sostegno accusate di aver manipolato un anziano di novantanove anni, costringendolo a far loro delle elargizioni in denaro abbastanza consistenti. Le indagini hanno però dimostrato che l’uomo era capace di intendere e di volere al momento delle donazioni.
In questo senso, anche a fronte della denuncia degli eredi legittimi, non si è configurato alcun abuso. Una sentenza di questo tipo è fondamentale, soprattutto perché mette in chiaro che non è possibile generalizzare. Non è infatti detto che ogni volta che un anziano doni qualcosa a una badante ci sia sotto una truffa o un abuso. Fra assistito e badante si crea molto spesso un legame di intimità e fiducia.
Non è così assurdo che l’anziano possa sentire il bisogno di ripagare chi lo ha assistito con cure amorevoli. La legge gli permette di farlo con un regalo. In vita o sotto forma di eredità. L’unico limite riguarda i diritti degli eredi legittimi: il dono non deve ledere ciò che spetta loro per legge.
La sentenza sottolinea insomma l’importanza di valutare caso per caso. Va considerata la capacità di intendere e di volere dell’anziano. E bisogna anche prendere in considerazione la natura del rapporto che l’assistito ha creato con la badante. Se l’anziano è in grado di prendere decisioni consapevoli, le donazioni possono essere considerate legittime.
Qualche anno prima, nel 2011, il Tribunale di Treviso aveva scagionato dall’accusa di circonvenzione di incapace una badante che aveva ricevuto in eredità dall’anziana signora assistita un appartamento e 20.000 euro. L’eredità è stata divisa poi attraverso le quote legittime (gli eredi diretti hanno ottenuto la casa). Ma la badante ha ricevuto parte dei beni finanziari ed è stata prosciolta da ogni accusa, dato che pare che l’anziana le fosse davvero molto affezionata.
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