I debiti di Sorgenia, società operante nell’energia del Gruppo Cir, ammontano a 2,235 miliardi di euro e non a 1,7 miliardi come era stato scritto finora. La rivelazione è sul Messaggero di Roma, quotidiano di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone, che riporta conti molto dettagliati. Alla cifra, secondo il Messaggero, si arriva includendo i debiti della capogruppo, di Sorgenia Power, Sorgenia Puglia e Sorgenia Green.
La situazione è complessa. Cinque banche internazionali,
“fondi riconducibili a JpMorgan, Citi, Goldman Sachs, Deutsche Bank e da Centerbridge Partner”,
si sono offerte di acquistare i crediti che le banche, italiane soprattutto, vantano verso Sorgenia e C.:
“Un paio di questi soggetti avrebbero specificato l’offerta: 10-20% del loro nominale. Troppo poco per accettare”,
informa il Messaggero.
Le banche creditrici, che sono assistite da Rothschild, hanno chiesto che gli azionisti di Sorgenia, Cir per il 53% e Verbund (Austria), mettano mano al portafoglio e iniettino in Sorgenia 600 milioni di euro. Verbund ha detto che non ci pensa nemmeno, ha azzerato tutto il valore di Sorgenia in carico e chiude pagina sulla sventurata avventura italiana.
Cir aveva detto che avrebbe fatto la sua parte se anche Verbund lo avesse fatto, ma ora non è chiaro come si comporterà Rodolfo De Benedetti, che al progetto Sorgenia ha legato tutti i suoi sogni di gloria e la speranza di dimostrare al mondo e soprattutto al padre Carlo De Benedetti e ai fratelli Marco e Edoardo di essere capace e di meritare il posto a capo della Cir non solo per diritto dinastico.
È in corso una difficile partita con le banche. La banca Lazard che assiste Sorgenia, ha elaborato un piano che diluisca il debito. Una prima riunione c’è stata il 18 dicembre e un’altra è in programma mercoledì 15 gennaio, da una parte del tavolo l’ad di Sorgenia Andrea Mangoni affiancato da Rodolfo De Benedetti, presidente della Cir (il Messaggero ipotizza che non si presenti e si faccia rappresentare da Monica Mondardini nella veste di ad di Cir). Dall’altra i delegati delle sei banche con più crediti: Monte dei Paschi (600 milioni), Intesa Sanpaolo (371), Unicredit (180), Ubi (180), Bipiemme (177), Banco Popolare (177) e Mediobanca (143).
La richiesta che al tavolo si presenti Cir è motivata col fatto che, scrive il Messaggero,
“nel piano di rimodulazione del debito complessivo (comprendente 101 milioni di factoring e 267 milioni di garanzie fidejussorie), 600 degli 818 milioni in capo alla capogruppo vengono definiti «debito in eccesso non sostenibile», senza indicare le modalità di rimborso.
“Proprio per capire i termini della restituzione di queste passività, i creditori vogliono confrontarsi con i soci. […] Fino a quando gli istituti non otterranno risposte ai dubbi manifestati sul piano, non partirà lo standstill fino a giugno prossimo e non saranno concessi 50 milioni di nuove garanzie necessarie per supportare il business.
“In ogni caso, Sorgenia vuole uscire dall’eolico e con il ricavato contribuire alla riduzione del passivo. Riguardo Sorgenia Power, la proposta punta ad allungare i 742 milioni dal 2019 al 2025 e per Sorgenia Puglia a rimodulare 170 milioni dal 2015 al 2021. L’obiettivo è portare l’ebitda da 120 milioni a 205 nel 2020 con i ricavi invece destinati a posizionarsi dai 2,033 miliardi del 2013 a 1,792 nel 2020”.
L’articolo del Messaggero è stato ripreso dal Giornale di Berlusconi, arcinemico dei De Benedetti. Ha scritto Massimo Restelli se De Benedetti
“vorrà evitare il peggio per la sua Sorgenia alla fine dovrà aprire il portafoglio. Tra le banche creditrici, infatti, è in aumento il pressing perché la famiglia dell’Ingegnere [Carlo De Benedetti] accetti di versare mezzi freschi nell’avamposto energetico del gruppo Cir-Cofide, mandato in cortocircuito da 1,8 miliardi di debiti e dalla «ritirata» di Verbund, il suo socio industriale”.
Fedele alla visione patriarcale di Berlusconi, dove a comandare è sempre il capofamiglia, Massimo Restelli premette al cognome De Benedetti il nome Carlo, l’Ingegnere appunto, anche se le cose non stanno così da un po’ di tempo: nel senso che Carlo De Benedetti era stato rottamato già quasi cinque anni fa dal figlio Rodolfo, cui aveva lasciato per intero la guida del Gruppo e si è spogliato della proprietà a favore dei tre figli da un anno.
La vicenda può diventare un educativo paradigma per chi pensa di affidare l’Italia a Matteo Renzi. Giusto chiedersi: quanto è meglio il rottamatore del rottamato? Quanto può avere pesato l’assenza del genio finanziario di Carlo De Benedetti nella vicenda Sorgenia?
L’accostamento a Cir e ancor più a Sorgenia, condito con la solita allusione al doloroso esborso di 450 milioni di euro, per un quarto erosi dal fisco, come indennizzo per le malefatte di Berlusconi nella vicenda Mondadori di fine anni ’80, hanno fatto scattare la reazione di Carlo De Benedetti, che ha minacciato azioni legali, non si capisce bene perché: ma questo saranno i giudici a stabilirlo.
Anche secondo il Giornale, sarebbe complessa e difficile la trattativa con
“le banche creditrici, pronte a usare come minaccia la stessa messa in discussione della moratoria dei debiti concessa fino a luglio. La trattativa promette di trascinarsi fino all’estate e Sorgenia si è affidata alle cure di Lazard, ma per capire il problema è sufficiente dare un’occhiata ai numeri: Sorgenia, che conta 500mila clienti, nei primi nove mesi dello scorso anno dichiarava una perdita prossima a 430 milioni. La sua principale creditrice è invece il Monte dei Paschi (600 milioni), che certo non ha bisogno di ulteriori minusvalenze, quindi seguono con posizioni ingombranti Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi, Bipiemme, Banco Popolare e Mediobanca, oltre ad altri istituti minori fino appunto a comporre l’indebitamento complessivo di 1,8 miliardi.
“Nessuno pare comunque disposto ad accettare l’ipotesi di ristrutturazione formulata da Sorgenia nel primo incontro di dicembre, con la possibile trasformazione di una parte dei debiti in capitale, così da ridurli di un terzo: 600 milioni. Un piano ormai difficilissimo da realizzare, e per le banche da spiegare ai rispettivi azionisti, visto che Verbund,l’equivalente austriaco dell’Enel e socio di Cir, ha appena deciso di azzerare il valore della propria quota (45,6%) in Sorgenia, a fronte di una «perdita durevole nel tempo», sancendo così di fatto che la stessa non vale più nulla.
[…]
“Tra le banche, pur nella inevitabile divisione tra «falchi» e «colombe», appare diffuso l’orientamento a non voler registrare ulteriori minusvalenze, se non vedranno anche i De Benedetti partecipare ai «danni». Con appunto la ricapitalizzazione o alcune rapide cessioni”.
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