Sorgenia, rissa De Benedetti-banche per 50 milioni e chi comanda

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Marzo 2014 - 00:00 OLTRE 6 MESI FA

SorgeniaROMA –  Stallo tra Cir e le banche creditrici di Sorgenia sul salvataggio della società energetica controllata dalla holding della famiglia De Benedetti. I banchieri di Mps, Intesa, Unicredit, Banco Popolare Ubi e Bpm, nel corso di una conference call telefonica, hanno fatto il punto della situazione dopo la decisione di Sorgenia di proporre un aumento da 200 milioni a cui Cir intende contribuire con non più di 100 milioni.

Dal fronte bancario emergono malumori per il fatto che il piano sottoposto a Cir, che prevedeva un contributo da parte della holding di 150 milioni a fronte di una conversione di 300 milioni di debiti in capitale, sia stato di fatto respinto. Al momento non risultano incontri in agenda tra le parti ma la minor disponibilità dell’azionista Cir a impegnarsi (la holding offre 100 milioni in presenza di 600 milioni di debito in eccesso) non potrà non riverberasi sulla governance di Sorgenia, su cui le banche, che evocano i casi di Risanamento e della Carlo Tassara, sembrano intenzionate a far valere diritti proporzionati al contributo al salvataggio.

A questo punto occorrerà mettere in campo un piano ‘B’ nella consapevolezza che per Sorgenia, la cui autonomia finanziaria è in esaurimento, il tempo stringe. Un po’ di ossigeno potrebbe arrivare dalla cessione degli asset verdi: sarebbe alle battute finali la vendita di 5 megawatt di impianti fotovoltaici al fondo Usa ContourGlobal.

Un lancio dell’Ansa di  chiara di ispirazione Cir anche se attribuita a “fonti finanziarie” annuncia la controproposta di Sorgenia alle banche creditrici per chiudere la partita sul debito: il piano, in via di formalizzazione, prevede un aumento di capitale di 190 milioni di euro e la conversione in strumenti partecipativi da parte delle banche di 400 milioni di euro di debiti.    L’aumento di capitale sarebbe partecipato per 100 milioni da Cir, che lo sottoscriverebbe per la sua quota in Sorgenia (52,9% del capitale). La parte inoptata, stante l’indisponibilità del socio Verbund a ricapitalizzare, potrebbero essere sottoscritta dalle banche, che acquisirebbero così una quota azionaria, o riservata a un investitore interessato a scommettere sul rilancio di Sorgenia.

La proposta di Sorgenia punta a mettere in sicurezza la società, gravata da 1,9 miliardi di debiti verso il sistema bancario, di cui 600 milioni giudicati non sostenibili, e con un’autonomia finanziaria limitata dopo la chiusura dei finanziamenti da parte dei creditori.

Ora si tratterà di vedere come reagiranno le banche, che si sono viste respingere un piano che prevedeva l’iniezione da parte di Cir di 150 milioni sotto forma di aumento di capitale e una conversione di 300 milioni di debiti in azioni da parte delle banche, con i restanti 150 milioni di debito non sostenibile da coprire attraverso il ricorso a un convertendo o a strumenti analoghi.

La controproposta di Sorgenia conferma la disponibilità di Cir a investire non più di 100 milioni, alza a 400 milioni i debiti delle banche oggetto di conversione, mettendo a disposizione strumenti partecipativi e non azioni, cioè titoli privilegiati dal punto di vista patrimoniale ma con poteri più ridotti sulla governance societaria.     Il piano B della società energetica arriva dopo che in mattinata si è svolta una conference call tra i banchieri di Mps, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Bpm e Banco Popolare per fare il punto della situazione. Dal fronte bancario erano emersi malumori per la bocciatura da parte di Sorgenia della proposta dei creditori.