Spread a cuccia nonostante B., ma pensioni e cig si mangiano crescita e lavoro

Spread a cuccia, ma crescita ancora sacrificata: pensioni e ammortizzatori pagate con i fondi per formazione e produttività

ROMA – Spread a cuccia nonostante Berlusconi: anche la solitamente ostile Moody’s prevede che “le turbolenze politiche in Italia hanno conseguenze limitate” sull’affidabilità creditizia del Paese. Per la severa agenzia di rating resta “essenziale mantenere le riforme strutturali e il consolidamento di bilancio: ci aspettiamo che il prossimo governo mantenga gli elementi chiave della legge di stabilità”. Il contesto economico europeo, però, non cambia. La Bce non diffonde ottimismo, anzi.

Le condizioni del mercato del lavoro nell’Eurozona “sono ulteriormente peggiorate negli ultimi trimestri” e le previsioni “suggeriscono nel breve termine un ulteriore incremento della disoccupazione“. Sta scritto sul bollettino mensile della Bce. La disoccupazione dell’area euro ha toccato l’11,7% a ottobre. La Banca centrale europea si aspetta “un ulteriore indebolimento dell’attività nell’ultimo trimestre dell’anno” dopo il terzo trimestre che ha confermato la recessione nell’Eurozona. Il futuro prossimo ci riserva attività debole  nel 2013, con “rischi al ribasso” e una ripresa graduale nel corso dell’anno.

In Italia, la fine anticipata del Governo Monti non modifica, anzi accentua, la vocazione rigorista temperata solo dall’attenzione su previdenza e ammortizzatori sociali, cui vengono sacrificate anche le più piccole misure per favorire produttività e formazione, vale a dire crescita e occupazione. Un commento di Fabrizio Forquet sul Sole 24 Ore del 13 dicembre denuncia già dal titolo “Il tradimento della crescita”.  Una svolta per aumentare il volume complessivo del Pil (il denominatore stanco del Pil vanifica gli sforzi per contenere l’arrembante numeratore del debito) non c’è stata durante l’esercizio di questo governo e l’atto finale ne conferma l’impostazione.

Il fondo strategico di 742 milioni destinato alla decontribuzione dei salari di produttività è stato tagliato: servirà, invece, a finanziare le ricongiunzioni previdenziali. La dote aggiuntiva di circa un miliardo che doveva servire per la formazione professionale, è stata eliminata: servirà a finanziare gli ammortizzatori sociali (la cassa integrazione in deroga). Si capisce la delusione delle imprese. Si capisce anche che, per ragioni elettorali, interessi contingenti, il termine della legislatura smentisce l’impianto culturale della riforma del lavoro e delle pensioni  (formazione permanente ed equità delle prestazioni, secondo le intenzioni iniziali). Si capisce anche che il rafforzamento della “vocazione europea per creare crescita, lavoro e giustizia sociale” (Confindustria) resta una pia illusione, nulla più che una dichiarazione di intenti.

Gestione cookie