MILANO – Roma e Madrid sono sotto assedio, i rendimenti dei loro titoli di stato superano rispettivamente la soglia del 6 e del 7% (in mattinata è arrivato sopra 7,5%, con spread al record negativo di 640). L’ultima indiscrezione filtrata dallo Spiegel è l’ennesima mazzata sulle speranze di Monti e Rajoy: la Grecia non ce la farà, l’Fmi non rinnoverà l’accordo sugli aiuti, un satellite si stacca dal pianeta euro. Sui mercati finanziari sta andando in scena in queste ore, all’inizio di una settimana che peggio di così non poteva iniziare, il film dell’attacco all’Italia e alla Spagna. Solo che le munizioni per resistere sono pressoché finite mentre rinforzi e cavalleria non sono attesi prima di settembre (quando la l’alta corte tedesca si degnerà di accettare l’Esm, il fondo salva spread).
Inutile ricordare la catena di errori e omissioni della leadership europea. A questo punto quello che andava fatto è stato fatto. Le riforme in Italia, il prestito alle banche in Spagna, altre soluzioni “creative” di immediata efficacia latitano, nonostante la pressante richiesta di Christine Lagarde (Fmi). Chi sperava che le rassicurazioni di Draghi (l’euro è irreversibile) scoraggiasse la speculazione peccava di ottimismo.
Lo spread tra btp e bund si allarga senza freni. In apertura di seduta di lunedì 23 luglio, il differenziale tra i titoli decennali italiani schizza subito oltre quota 520, in forte aumento rispetto ai 500 punti della chiusura di venerdì. Sotto pressione anche i bonos spagnoli che attorno alle 8:30 del mattino volano a 614 punti con un rendimento ben sopra la soglia “di non ritorno” del 7%. A metà mattinata il momento peggiore con lo spread italiano che sfiora i 530 e quello spagnolo che infrange ogni record. All’ora di pranzo un lieve calo.
Mattinata da incubo anche per le Borse: Milano apre subito in calo di due punti, arriva a perderne anche cinque. Attorno alle 15 il calo è attorno ai due punti e mezzo.
Consob vieta le vendite allo scoperto. Altro indice della gravità della situazione è la decisione della Consob di bloccare le vendite allo scoperto. ”Tenuto conto degli andamenti più recenti dei mercati azionari – si legge nel comunicato -, Consob ha deciso oggi di reintrodurre il divieto delle vendite allo scoperto sui titoli del settore bancario e assicurativo, indicati in allegato”. Il provvedimento ha efficacia da oggi (ore 13:30) e resta in vigore fino alle ore 18:00 di venerdì. Il divieto riguarda sia le vendite allo scoperto assistite dal prestito titoli sia quelle ‘nude’, gia’ vietate dalla precedente delibera dell’11 novembre 2011.
In caduta anche l’euro. Continua anche il crollo della moneta unica europea. L’euro è sceso sotto la soglia psicologica di 1,21 dollari per la prima volta dal giugno 2010. La moneta unica viene scambiata a 1,2099 dollari contro gli 1,2200 dollari delle quotazioni Bce di venerdì. L’euro vale inoltre 94,49 yen contro i 95,86 di venerdì scorso.
La Ue: “Abbiamo gli strumenti per farcela”. ”Abbiamo gli strumenti in piedi” per affrontare la situazione di tensione sui mercati. Lo ha assicurato un portavoce della Commissione Ue, facendo riferimento al fondo salva-Stati Efsf e alla possibilita’ di acquistare titoli dei Paesi in difficolta’. L’attivazione dello ‘scudo antispread’ deve ”essere chiesta da uno stato membro”.
Che quella di lunedì sarebbe stata una giornata di passione sui mercati era in qualche modo nelle attese. Due i fattori chiave, la Spagna e la Grecia. In Spagna, infatti, la lista delle regioni a rischio default cresce insieme all’intensità e al numero delle persone che protestano per i tagli. Ma i soldi della Bce servono: senza il Paese sarebbe già in default.
Ancora peggiore la situazione in Grecia dove l’ultima doccia fredda è arrivata venerdì quando il settimanale tedesco Spiegel ha scritto che il Fondo Monetario Internazionale avrebbe deciso per lo stop agli aiuti. Si tratta di notizia non confermata ma largamente sufficiente per seminare il panico. Secondo lo Spiegel, che cita “fonti Ue” sarebbe chiaro che la Grecia non riuscirà a tenere fede al piano di riforme concordato con la Troika “per ridurre il deficit del Paese entro i termini stabiliti al 120% del Pil entro il 2020″. In questo contesto, spiega lo Spiegel, è altrettanto improbabile che Atene riesca a restituire alla Bce i 3,8 miliardi in scadenza il 20 agosto.
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