ROMA – La crisi italiana è ormai irreversibile, l’Italia è in caduta libera, i nostri titoli di Stato sono invendibili. Il passo di lato di Berlusconi non è servito a calmare i mercati. I rendimenti dei Btp a 5 anni hanno raggiunto il 7% , giudicata la soglia massima, il punto di non ritorno, quella che ha costretto Grecia, Portogallo e Spagna a chiedere il soccorso economico europeo. Lo spread tra i titoli di Stato italiani Btp e quelli tedeschi Bund ha sfondato il tetto dei 500 punti assestandosi nel pomeriggio a quota 552. Sebbene la Banca d’Italia sostenga che possiamo permetterci di ripagare i titoli con un massimo dell’8% degli interessi, è difficile credere che questo tipo di rendimenti obbligazionari possano essere tollerabili per lungo tempo. E comunque il governatore Visco parlava di una possibilità teorica, non empirica.
Gli analisti segnalano che il temuto punto di non ritorno non è legato a un tasso puntuale, (7% o 8% o valori intermedi per intenderci) rilevato all’ora x o in data y: può arrivare prima, riflettendo l’umore nerissimo dei mercati. Quando gli investitori che hanno già venduto non trovano un buon motivo per rientrare. Quando i sottoscrittori che non hanno venduto decidono di disimpegnarsi. Quando alle nuove aste non arriva nessuno che sia disposto a comprare nonostante i rendimenti altissimi. E dalla scena politica italiana motivi validi è difficile trovarne anche con il lanternino, visto che nessuno è in grado di prevedere chi farà le riforme auspicate e soprattutto quando.
La realtà è che tra lentezze e impacci nella gestione della crisi siamo andati un passo oltre. I nostri titoli di Stato di fatto sono invendibili, non li vuole più nessuno e non basta l’acquisto solitario con cui la Bce cerca di freanre l’emorragia. Siamo in terapia intensiva: massaggio cardiaco o defibrillatore, la cura non si è trovata ancora. Traders, analisti strategici, venditori di tutto il mondo sono rimasti attaccati ieri sera ai dispacci di agenzie sulle notizie italiane. Forse hanno tirato un sospiro di sollievo sapendo che calava il sipario sulla stagione di Berlusconi.
Non è servito tradurre le complicate liturgie politiche messe in moto dalla scelta del premier di dimettersi un minuto dopo l’approvazione della legge di stabilità. Speravano in una soluzione Zapatero, rispetto degli impegni concertato da tutte le forze politiche e nuovo governo. Si son trovati un guazzabuglio di espedienti tattici, rinvii strategici, calendari improvvisati. L’ordine che è partito è chiaro: alla larga dei titoli di Stato italiani.