Spreco alimentare in aumento. E con queste festività c’è il rischio di un peggioramento. Nel mirino soprattutto le famiglie, un quinto del cibo prodotto finisce nei rifiuti. L’Osservatorio Waste Watcher – il primo Osservatorio nazionale sugli Sprechi, attivo per iniziativa di “Last Minute Market” e dell’Universitaà di Bologna – certifica un dato impressionante: un miliardo di pasti perduti ogni giorno nel mondo. Colpa di cattive abitudini domestiche. L’anno scorso, ad esempio, il rapporto “Food waste” ha stimato uno spreco di 1,05 miliardi di tonnellate di cibo. Quest’anno la musica non cambia. E come sempre le famiglie si aggiudicano la maglia nera. All’estero non va meglio: solo Giappone e Gran Bretagna sono Paesi virtuosi avendo ridotto lo spreco alimentare rispettivamente del 18 e 31%. Le popolazioni rurali si sono distinte perché recuperano anche gli avanzi utilizzati poi per sfamare gli animali o per il compostaggio domestico.
In testa c’è la frutta fresca: nei rifiuti se ne vanno 27,1 kg all’anno per nucleo familiare. Seguono verdura (24,6), pane fresco (24,1), insalate (22,3), cipolla e tuberi (20). Eurostat, l’Ufficio statistico della UE (sede centrale in Lussemburgo), ha calcolato che ogni abitante europeo spreca 139 kg di cibo all’anno. Come uscirne? L’impoverimento alimentare riguarda tutti, non solo i poveri che naturalmente sono più a rischio. E allora? Il professor Andrea Segre’, paladino antisprechi e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste, suggerisce una ricetta. Eccola.
Andrea Segrè, docente di Politica agraria internazionale e comparata, ideatore dello Sprecometro contro gli sperperi, nel suo ultimo libro ( scritto con Ilaria Pertot) – “(La spesa nel carrello degli altri “, ed. Feltrinelli – che dovremmo riconoscere lo IUS Cibi”, ovvero il diritto universale ad una alimentazione adeguata. Nel libro l’autore propone una serie di interventi strutturali attraverso un sistema di politiche integrate all’ educazione alimentare in tutti i cicli di istruzione. Concetto ripetuto in una intervista concessa nei giorni scorsi a Beppe Boni, firma autorevole di QN.
Il professore sostiene che gli sprechi maggiori si registrano nelle case più che nei ristoranti o nella distribuzione. Il 70% dunque si spreca in famiglia ma non critica le mamme e le nonne che sono sempre attente. Regge però la consuetudine di gettare ad esempio l’insalata appena avvizzita o il pane del giorno prima diventato più duro; pane secco che comunque si può sempre riutilizzare grattugiandolo. Ciò va corretto. Quanto alle scadenze (tipo quella sullo yogurt), il prof afferma che hanno tolleranza, dunque le scadenze hanno una proroga di cui bisogna tener conto.