Stampante 3d fabbrica tutto: così le industrie tornano in occidente

Stampanti 3d: dalle pistole alla pelle, così le industrie tornano in occidente

ROMA – Pistole, pelle e cartilagine, schermi lcd, cioccolato o ancora automobili possono essere “stampati“. Le stampanti tridimensionali, o 3d, sono la nuova frontiera della tecnologia in grado di costruire oggetti “semplicemente” premendo il tasto “stampa”. Una nuova frontiera che potrebbe invertire la migrazione delle industrie occidentali in Asia, “fuga” dettata dal costo della manodopera e della produzione è decisamente inferiore.

E’ questo il caso della Foxconn, azienda cinese con base a Taiwan e produttrice degli iPhone di Apple in Cina, che sta spostando la sua produzione in occidente e sarebbe pronta ad aprire un nuovo stabilimento negli Stati Uniti, come riporta Forbes. Una scelta decisamente poco economica, se si tiene conto del fatto che è uno dei paesi con i reddito procapite e i salari più alti nel mondo.

L’azienda ha già stabilimenti in Brasile, Messico, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, ma negli Stati Uniti punterebbe alla produzione di schermi e tv Lcd, proprio utilizzando le stampanti 3d in stabilimenti ad altissima automatizzazione.

Irene Tinagli scrive per La Stampa che la fuga della Foxconn, “il più grande produttore asiatico di prodotti elettronici”, potrebbe nascere dall’esigenza di un’accelerazione tecnologica:

“Quindi i motivi di questo interesse verso gli Stati Uniti potrebbero essere legati a ciò che numerose analisi e commentatori americani sostengono già da mesi: l’accelerazione della ricerca tecnologica degli ultimi anni, che ha portato sviluppi straordinari nella robotica, nell’automazione e nell’unione tra scienze computazionali e ingegneristiche, tra software e meccanica, tra informazioni digitali e prodotti materiali, che potrebbe portare a produzioni più efficienti e altamente innovative”.

La tecnologia alla base delle stampanti 3d si basa sul meccanismo della “manifattura additiva“, tecnologia che in realtà non è poi così nuova. Da oltre 20 anni si lavora per la progettazione e la realizzazione di tali macchine in grado di assemblare e realizzare oggetti seguendo le istruzioni ricevute dal computer. Una tecnologia completamente automatizzata che non richiede né catene di montaggio, né manodopera.

Un recente esempio dell’impiego di questi macchinari è la possibilità di stampare la propria pistola in casa, per il “modico” prezzo che va dai 600 ai 2mila dollari. La Stratasys, una compagni specializzata in stampa tridimensionale, sta portando avanti il progetto “stampa il tuo fucile” insieme alle industrie d’armi quali la Knight’s Armament Co. e la Remington Arms. Un’iniziativa che potrebbe avere risvolti imprevedibili in termini di sicurezza.

Se nel caso di un privato il costo non è esattamente economico, un’azienda potrebbe facilmente avviare una catena di produzione. Una stampante uPrint SE, nel modello base, costa 20mila dollari, ma può essere noleggiata per 299 dollari al mese. Una Stratasys Fortus 900mc, la cui definizione è 3 volte superiore e che può lavorare con materiali diversi, costa invece 380mila dollari.

Ma le pistole sono sola una delle possibili applicazioni: nel 2011 i ricercatori americani della Cornell University di New York, guidati da Jeffrey Ian Lipton, hanno presentato la FabHome 3D printer, una “biostampante” in grado di produrre pelle, cartilagine ed altri tessuti biologici.

E poi automobili, cioccolato e anche schermi Lcd, proprio quelli che la Foxconn vorrebbe produrre negli Stati Uniti. La Stampa spiega che la nuova tecnologia produttiva potrebbe essere “la terza rivoluzione industriale” e che l’attenzione delle industrie e dei media è alta per diversi motivi, prima tra i quali “il ritorno della manifattura industrializzata negli Stati Uniti”:

“Infatti, grazie al forte abbattimento di costi collegati a queste nuove tecnologie, molte produzioni potrebbero tornare nel Paese che per decenni è stato leader indiscusso della manifattura industrializzata e che oggi ha un chiaro vantaggio competitivo sul fronte della manifattura additiva e sulle nuove frontiere dell’automazione.

Ma il potenziale impatto di queste tecnologie e la possibilità di trarne vantaggio non riguarda solo gli Stati Uniti, ma molti altri Paesi, inclusi quelli emergenti, come il Brasile – dove nella primavera scorsa ha aperto la prima catena franchising di stampanti tridimensionali – e quelli in cui la manifattura ha vissuto in anni recenti le maggiori difficoltà”.

Anche l’Italia potrebbe trarre grandi vantaggi dalla nuova tecnologia produttiva, puntando sul design, la progettazione, i piccoli imprenditori e gli artigiani, che rappresentano i punti forti della sua tradizione. Ma le novità fanno fatica a trovare posto nel nostro sistema produttivo, scrive La Stampa:

“I nostri dibattiti pubblici e politici sono ancora monopolizzati dalle discussioni su vecchie modalità produttive, sulle catene di montaggio, le miniere, gli altiforni. Argomenti più che legittimi, ma che impediscono di vedere come certe nuove tecnologie potrebbero aprire un nuovo futuro per il Paese e per i suoi lavoratori e ci condannano a guardare sempre al passato. Dovremmo imparare a scrollarci di dosso questo senso di smarrimento, impotenza e ineluttabilità che ci paralizza quando pensiamo al domani, e capire che il futuro, alla fine, è di chi comincia a costruirlo oggi”.

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