ROMA – C’è “circa il 50%” di probabilità che la Grecia esca dall’euro. Se ciò dovesse accadere, a rischiare di più sarebbe l’Italia che verrebbe travolta in pieno da una nuova ondata di scetticismo sui mercati del debito. Un rischio che Standard & Poor’s quantifica in 11 miliardi di euro, tanto spenderemmo in più per finanziarci da qui al 2016. Costi indiretti che andrebbero a sommarsi ai circa 36 miliardi di prestiti che non vedremmo mai rimborsati. Per gli analisti dell’agenzia di rating gli effetti di una eventuale Grexit saranno “gravi per la Grecia” ma tutto sommato contenuti per l’economia reale: si parla di un drastico calo del 20% del Pil per la Grecia e di uno scarso 0,2-0,3% per i maggiori Paesi dell’Eurozona.
Ne parla Raffaele Ricciardi sul quotidiano la Repubblica:
Viste le dimensioni economiche della Grecia, l’effetto sul commercio estero dei partner sarebbe limitato: “Se si esclude Cipro (il cui 19% delle esportazioni è andato in Grecia nel 2013), solo due altre economie esportano più del 2% dei propri prodotti verso Atene: la Macedonia (4,2%) e Malta (3,3%). Anche se le importazioni greche dovessero crollare del 50% nell’anno successivo alla Grexit, spiegano gli esperti di S&P, l’effetto diretto su Germania, Francia e Italia si limiterebbe a ridurre la domanda totale di export dello 0,3%-0,5% nell’arco del medesimo periodo di tempo. Per queste economie, l’impatto sarebbe contenuto tra lo 0,2% e lo 0,3% del Pil”.
Ma a questa rassicurazione fa seguito la precisazione sulle tensioni del mercato del debito, con un “contagio che inizierebbe un’iniziale fiammata dei rendimenti”. Per gli analisti, la Grexit si tradurrebbe nella “reintroduzione di un ‘currency risk premium'”, un premio che gli emittenti di titoli sovrani dovrebbero pagare agli investitori vista la fragilità mostrata dall’Eurozona. Un sovrapprezzo che si distribuirebbe differentemente per i vari Paesi e si sentirebbe “soprattutto per quelle economie che sono percepite come vulnerabili” quanto alla fiscalità pubblica. I grafici allegati dagli analisti mostrano che i Bund decennali potrebbero veder salire i rendimenti gradualmente – a cominciare dalla fine del Quantitative easing – da uno 0,1% verso lo 0,6% di fine 2017. In pratica, per loro l’ombrello della Bce sarebbe più che sufficiente. In Italia, invece, si vede una crescita immediata in area 3,5% (attualmente siamo al 2,3%), per poi mantenere il livello costante negli anni seguenti.