ROMA – Il 75% di chi ha un dipendente pubblico in famiglia, 3 su 4, confessa che l’apparato burocratico è eccessivo e che il numero degli statali è troppo elevato. Lo rivela un sondaggio a sorpresa condotto da Arnaldo Ferrari Nasi, sul quotidiano Libero del 18 luglio. Gli statali sono troppi? La risposta è sì e sono loro stessi ad ammetterlo.
Scrive Libero che la crisi sta allargando il divario tra le due facce di una società ormai logora: tra chi effettivamente avverte gli effetti nefasti di questa interminabile crisi e chi no. Tra chi, detto in soldoni, ha un impiego pubblico e dorme sonni tranquilli e chi, seppure uno stipendio a fine mese ce l’ha, vive sottotono consapevole che prima o poi la crisi contrae tutti i settori economici. E’ l’annosa ossessione, tutta italiana, del posto fisso
Il lavoro pubblico, in Italia, incide circa il 13,5% del lavoro tutto (considerato anche quello non regolare) e allo Stato costa grossomodo all’anno 170 miliardi di euro, indicativamente l’11% del Pil nazionale, un dato che, stando alla pubblicistica, si allinea a quello della media europea.
Ma osserva il quotidiano Libero,
Siccome il numero medio di componenti la famiglia italiana è circa di 2,4, questo dato, rapportato a quel 13,5% prima citato, significa che all’incirca in una famiglia su tre c’è un lavoratore pubblico. È un dato che certamente colpisce. Ed è anche il dato che emerge anche da un nostro recente sondaggio su un campione rappresentativo di italiani adulti.
Il dato più interessante di questo sondaggio, secondo Libero è che
L’84% degli italiani adulti ritiene che il numero sia troppo elevato in considerazione alle reali esigenze dello Stato, ma ancora più importante è quel 75% rilevato tra chi ha un dipendente pubblico in famiglia. Tre su quattro.
E chi sono questi fortunati?
Sono in grande maggioranza persone che si dichiarano di sinistra. Quasi la metà di chi vota dice Pd, pochi Sel, pochi gli altri partiti. Circa il 20% Pdl. Vi sono meno diplomati che non a livello nazionale, ma più laureati e più “terze medie”, cioè le fasce più basse e quelle più alte del grado di istruzione. Al 44%, contro il 28% dei non-statali, si concentrano nel Sud Italia. E mentre per loro la chiave principale per fare ripartire l’Italia è creare un sistema stabile, meno burocratico e più semplice da governare, per gli altri è, prosaicamente, abbassare le tasse. Due Italie, una più fortunata dell’altra. Eppure la crisi sarebbe di tutti.
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