ROMA – I salari reali in media sono più bassi oggi di dieci anni fa in Italia e altri 7 Paesi Ue, mentre sono rimasti immutati in altri due. C’è invece stato un boom della loro crescita nei Paesi dell’Est. E’ quanto emerge dallo studio dell’istituto dei sindacati europei dell’Etuc, che verrà pubblicato domani.
Nel periodo 2009-2019, gli stipendi aggiustati rispetto all’inflazione sono scesi del 23% in Grecia, dell’11% in Croazia, del 7% a Cipro, del 4% in Portogallo, del 3% in Spagna, del 2% in Italia e dell’1% in Gran Bretagna e Ungheria. Sono invece rimasti invariati – quindi a crescita zero – in Belgio e Finlandia. In Germania invece sono aumentati dell’11% e in Francia del 7%.
Dove sono cresciuti di più sono nei Paesi dell’Est, con il boom record della Bulgaria con +87%, seguita a distanza dalla Romania (+34%), dalla Polonia (+30%), e dai baltici (Lettonia, Lituania ed Estonia, tra il +21% e il +20%).
“Questa è la prova che la crisi non è finita in tutti i Paesi, e che anche quando c’è la ripresa economica i lavoratori non ne hanno benefici”, ha denunciato il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati Luca Visentini, secondo cui questo è dovuto alle “misure di austerità che hanno smantellato i sistemi del salario minimo e delle contrattazioni collettive”, aumentando al contrario le diseguaglianze. Da qui la richiesta all’Ue di “agire per aumentare i salari” incoraggiando e consentendo la contrattazione collettiva tra datori di lavori e sindacati. (fonte Ansa)