Stipendi pubblici, addio al tetto dei 240mila euro per i manager. Disappunto di Palazzo Chigi

Palazzo Chigi ha preso le distanze dall’emendamento al decreto Aiuti bis che ha autorizzato la deroga al tetto di 240mila euro lordi per gli stipendi pubblici. La deroga vale per i vertici di Polizia, Carabinieri, Forze Armate e ministero. Il governo ha parlato di una “dinamica squisitamente parlamentare” frutto di una sintesi tra i partiti.

Via il tetto di 240mila euro per gli stipendi di forze armate e ministeri

Rientrano nel gruppo il capo della polizia, i comandanti generali di Carabinieri e Guardia di Finanza, il capo dell’amministrazione penitenziaria, i capi di Stato maggiore di difesa e Forze armate, il comandante del Comando operativo di vertice interforze, e il comandante generale delle Capitanerie di Porto. Accanto a questi anche tutti i capi dipartimento e i segretari generali di presidenza del Consiglio e ministeri.

Il limite massimo fissato era stato introdotto a fine 2011, con il decreto Salva-Italia, e rivisto nel 2014 all’inizio del governo Renzi. Il cosiddetto “trattamento accessorio” che si aggiunge allo stipendio base, e che negli scalini più alti della gerarchia sono le voci dominanti della retribuzione, potrebbe quindi potenzialmente superare il limite a questo punto.

Ira del Governo

La deroga non è piaciuta, in primis, a Palazzo Chigi. Secondo quanto filtra, la presidenza del Consiglio non avrebbe nascosto il “disappunto”. Anche il Pd attacca, assicurando che la norma sarà corretta. Dal canto suo il ministero dell’Economia ha fatto sapere di avere dato solo un contributo tecnico sulle coperture. Si tratta di un emendamento parlamentare, si spiega, per la cui attuazione comunque è necessario un provvedimento successivo. Una polemica che suona come il solito rimpallo di responsabilità.

 

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