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Stop a Shein e Temu: terremoto nell’e-commerce

L’UE è pronta a muoversi contro Temu e Shein: le due piattaforme di e-commerce potrebbero presto essere fortemente limitate.

Sei Paesi membri (Germania, Austria, Polonia, Danimarca, Paesi Bassi e Francia) hanno inviato una lettera congiunta alla Commissione Europea per chiederle di adottare tutte le misure necessarie per far rispettare la normativa sui servizi digitali a tutte le grandi piattaforme online (VLOP), e di limitare le attività, spesso fuori controllo, di Temu e Shein.

Nell’ultimo biennio, i due colossi cinesi dell’e-commerce sono riusciti a smarcarsi da ogni tipo di accertamenti e verifiche da parte dell’Europa, attirando un numero davvero enorme di utenti grazie a pubblicità mirate, prezzi sempre più bassi e una proposta pressoché illimitata di prodotti. Temu, piattaforma gestita dalla cinese Pinduoduo Holdings e lanciata inizialmente solo in Canada, è oggi uno degli e-commerce più frequentati al mondo. Il sito propone una vasta gamma di prodotti: abbigliamento, giocattoli, accessori, dispositivi tecnologici, prodotti per la casa, tutti caratterizzati da prezzi bassissimi.

Gli sconti dipendono in parte dal modello di business promosso dalla piattaforma, che si impegna a far fuori gli intermediari per permettere ai produttori di vendere direttamente ai consumatori. Shein, fondata nel 2008 a Nachino e da qualche anno in aperto conflitto proprio con Temu, è una piattaforma specializzata in abbigliamento e accessori. A differenza di Temu, Shein non è solo un sito di intermediazione e promozione, ma funge anche da produttore, integrando sotto il proprio grande marchio tantissime altre piccole aziende tessili indipendenti.

Nuove verifiche sulle piattaforme di e-commerce cinesi

Entrambe le piattaforme sono state aspramente criticate in Europa per la mancanza di trasparenza rispetto ai diritti degli utenti e dei consumatori e per le condizioni di lavoro nelle loro fabbriche cinesi. In più, sia Temu che Shein sono accusate di commerciare prodotti di bassa qualità, più volte collegati a criticità inerenti la sicurezza (soprattutto per quanto concerne i giochi venduti ai bambini).

Acquisti su piattaforma e-commerce
Nuove verifiche sulle piattaforme di e-commerce cinesi – blitzquotdiano.it

Gli ambientalisti criticano anche il loro modello di business fortemente basato sul fast fashion e sull’iper-consumismo. Dal punto di vista economico, entrambe le piattaforme sono poi accusate di praticare una concorrenza sleale proponendo prodotti a prezzi troppo bassi (resi possibili dai bassi costi di produzione in Cina, dallo sfruttamento di manodopera e dalla totale mancanza di controlli).

Già in passato l’UE ha avviato un’indagine per capire se Temu e Shein sono in grado di rispettare le norme del DSA, il Digitale Services Act, ovvero il protocollo redatto per proteggere i consumatori da pratiche commerciali ingannevoli e per garantire la sicurezza dei prodotti. Il problema è che le due piattaforme non sono state ancora designate come VLOP  (acronimo che sta per Very Large Online Platform: piattaforma online di grandi dimensioni).

Digital Services Act: la Commissione Europea riprende le indagini su Temu e Shein

Per il DSA dell’UE, una piattaforma può essere classificata come VLOP se ha più di 45 milioni di utenti attivi mensili nel territorio comunitario, e quel punto l’e-commerce è tenuto a rispettare regole più stringenti. Temu e Shein, tuttavia, hanno fatto in modo di nascondere il numero reale degli accessi ai loro server per poter evitare i nuovi obblighi di trasparenza.

Acquisti online: e-commerce
Digital Services Act: la Commissione Europea riprende le indagini su Temu e Shein – blitzquotidiano.it

Intanto però l’UE continua ad accumulare dati su violazioni in collaborazione con i coordinatori nazionali dei servizi digitali. Tanti Paesi membri (non l’Italia) hanno già chiesto una maggiore sorveglianza del mercato. Qualora le due piattaforme dovessero essere riconosciute come VLOP dovrebbero aggiungere l’IVA ai prezzi dei loro prodotti e fornire maggiori informazioni sulla produzione.

Dovrebbero altresì garantire conformità nel programma di concorrenza leale e dimostrare che nelle loro fabbriche non si verifichino pratiche di lavoro forzato. Inoltre, le piattaforme dovrebbero smettere di aggirare l’applicazione dei dazi e di non garantire trasparenza sul trattamento dei dati personali.

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