Indennità e buoni pasto anche durante le ferie: l’UE ha deciso di contrastare i limiti imposti dai datori di lavoro.
I dipendenti sono spesso esposti al ricatto, più o meno subdolo, del datore di lavoro: per tenersi il posto e per non scontentare chi li paga, in molti casi rinunciano al pieno godimento del riposo retribuito o ad altri diritti acquisiti. Di recente, però, una sentenza della Corte di Giustizia Europea ha dato ragione a una ricorrente in un dibattimento relativo al diritto ai buoni pasto e all’indennità perequativa e compensativa anche durante le ferie.
La lavoratrice, in pratica, aveva perso i buoni pasto e alcune indennità durante le ferie. Ma per la Corte, l’indennità compensativa, che è la somma legata alle mansioni svolte (riconosciuta dopo l’abolizione di precedenti indennità), non può mai essere negata dal datore di lavoro. E lo stesso vale per l’indennità perequativa.
L’indennità perequativa è un elemento della retribuzione che viene aggiunto alla paga base per garantire che i lavoratori delle aziende che non partecipano alla contrattazione di secondo livello ricevano una retribuzione equa, anche se non possono accedere a importi aggiuntivi come i premi di produzione o i superminimi.
Con l’ordinanza n. 25840/2024, la Corte di Giustizia Europea ha insomma stabilito che i lavoratori hanno diritto a continuare a ricevere i buoni pasto e le varie indennità (perequativa e compensativa) anche quando sono in vacanza. Detto in altre parole: i dipendenti devono ricevere la stessa retribuzione che riceverebbero durante il normale periodo lavorativo, compresi tutti i benefici stabiliti per contratto.
Buoni pasto e indennità durante le ferie: la nuova ordinanza fa chiarezza
Stando alla sentenza, quindi, d’ora in poi, tutte le voci della retribuzione presenti in via ordinaria in busta paga devono essere mantenute pure durante i periodi di assenza per ferie, così come previsto dal diritto europeo. L’ordinanza conferma infarrj un orientamento a più volte applicato anche dalla Suprema Corte, in linea con la Direttiva 2003/88/CE (articolo 7) e le sue varie interpretazioni.
Alla base della sentenza c’è un principio chiaro: la retribuzione delle ferie comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore.
L’UE non ha dubbi. Qualsiasi iniziativa o azione che risulti messa in atto a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo. E le istituzioni devono assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, (che è fondamentale per la tutela della loro salute e della loro sicurezza). Di conseguenza, anche con le ferie, il datore di lavoro dovrà garantire al lavoratore dipendente buoni pasto e indennità varie.
Anche la legge italiana, per la verità, risponde già a questa fattispecie, anche se non direttamente. Secondo le norme vigenti, il datore di lavoro non può forzare il dipendente a rinunciare alle ferie. Secondo la norma italiana, se ciò avviene la rinuncia al beneficio delle ferie è nulla. In altre parole, i lavoratori non possono essere costretti a rinunciare alle ferie. La norma che regola il diritto alle ferie è la Legge 66/2003, che stabilisce che ogni lavoratore abbia diritto a un periodo minimo di quattro settimane di ferie all’anno.