ROMA – Le Province escono dimezzate dalla cura dimagrante della spending review, ne resteranno una cinquantina, ma il decreto del Governo rinvia di una decina di giorni la definizione dei criteri di soppressione, con una delibera. Il Consiglio dei Ministri, per non ledere l’autonomia degli enti locali e non calare la decisione dall’alto, lascia spazio a un corridoio temporale per il confronto Stato-Regioni e Stato-Città: qualche settimana per concordare con i diretti interessati la distribuzione di sacrifici e tagli e gli eventuali accorpamenti territoriali. Entro fino settembre i criteri di ripartizione dei tagli agli enti locali (7,2 miliardi)sono affidati alla Conferenza Stato Regioni, in caso di mancata decisione, i tagli saranno distribuiti in base all’entità dei “consumi intermedi” registrati da ogni ente nel 2011. Per aggiornare definitivamente la mappa delle province italiane bisognerà attendere allora almeno la fine dell’anno.
Nonostante i mal di pancia di governatori e sindaci, comunque, il percorso tracciato dal Ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi, che accoglie gli input di riduzione delle spese della spending review, diventerà obbligato. I punti qualificanti sono noti: lo sfoltimento delle Province procederà in base a estensione e numero di abitanti: sotto i 3mila kmq e i 350mila abitanti la Provincia scompare. Non si baderà invece al numero di comuni presenti sul territorio provinciale, con una soglia di 50 come spartiacque. Scompariranno le Province dei Comuni che diventeranno Area Metroplitana (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria). Resteranno sicuramente in vita tutte le Province dei capoluoghi di Regione. In ogni caso, varrà il principio che chi è meno virtuoso più subirà tagli. Il criteri è quello dei “consumi intermedi”: più si spende per acquisti e servizi, consulenze e stipendi, più dura sarà la sforbiciata.
Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano ma anche vicepresidente dell’Unione delle province lombarde (Upl), parzialmente soddisfatto per la piccola finestra di tempo lasciata aperta dal Governo alla discussione, lancia la proposta: “Facciamo come il Piemonte, dove le Province, con la Regione, hanno deciso in autonomia di scendere da otto a quattro: la cura dimagrante è necessaria, ma almeno saremo noi a stabilire come farla”. Un nodo importante, una questione di fondo, riguarderà la “democrazia” dei nuovi enti che seguiranno ad accorpamenti e tagli: saranno enti di secondo livello, emanazioni della volontà dei sindaci dei comuni afferenti, perché mancherà la legittimazione dell’elezione diretta da parte dei cittadini?
I commenti sono chiusi.