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Tassa quadruplicata! L’aliquota è ora al 26%

Sembrano essere passate sotto traccia le modifiche operate alla tassazione su un bene d’investimento: la tassa è in pratica quadruplicata.

In questi giorni si è discusso parecchio della proposta del Governo Meloni di aumentare dal 26% al 42% a partire dal 2025 l’aliquota per l’imposta sulle plusvalenze relative alla vendita di criptovalute. Sembra invece già dimenticata la questione che si era sollevata un annetto fa, circa, quando la politica volle introdurre un’altra imposta sui guadagni derivanti dalla vendita di un diffuso bene rifugio.

Nella fattispecie, l’esecutivo impose un passaggio dall’aliquota originariamente pari al 6,5% a un’aliquota uniformata al 26%. Ecco perché si parla di tassa quadruplicata. Sì, quel 26% era già in vigore, e solo nel caso di vendita di un bene senza avere a disposizione una documentazione che mostrasse quanto era stato pagato. In concreto, però, si pagava il 26% solo sul guadagno presunto (cioè su un quarto, il 25%, del totale incassato). Un dato che corrispondeva a un’aliquota effettiva del 6,5% dell’intero incasso.

Per fare un esempio: vendendo il bene per 1.000 euro senza documentazione, lo Stato considerava un guadagno presunto di 250 euro (il 25% di 1.000 euro), e la tassa era quindi pari al 26% di 250 euro, cioè a 65 euro (il 6,5% di 1.000 euro). Dal 2024, la regola è cambiata. Ora l’imposta del 26% si applica sull’intero importo della vendita, come se il bene fosse cioè sempre acquistato a costo zero.

Il bene di cui parliamo è l’oro. O meglio, l’oro da investimento… L’Italia ha permesso ai privati di acquistare e vendere oro da investimento più o meno venticinque anni fa. Con la promulgazione della legge n.7 nel gennaio del 2000. Prima della legge citata, vigeva infatti il monopolio dell’oro da parte dell’Ufficio dei cambi.

Tassa quadruplicata sulla vendita di lingotti e monete d’oro

Da allora, da un punto di vista legale, è possibile acquistare e detenere lingotti d’oro (con una purezza superiore ai 995 millesimi) e monete d’oro (con purezza pari o superiore ai 900 millesimi), il cui prezzo che non deve superare dell’80% il valore corrente dell’oro sul suo mercato libero. La tassazione sull’oro da investimento è esente da IVA. Quindi si può acquistare e possedere oro sotto forma di lingotti o monete senza pagare un centesimo di tasse. L’imposta arriva nel caso in cui il privato voglia rivendere l’oro per guadagnarci.

Monete d'oro
Tassa quadruplicata sulla vendita di lingotti e monete d’oro – blitzquotidiano.it

E il problema è appunto che la tassa imposta dallo Stato sui guadagni di queste vendite è quadruplicata. La precedente normativa, in assenza di documentazione del prezzo di acquisto, considerava presuntivamente la plusvalenza pari a un quarto dell’incasso. E ora invece l’aliquota è stata uniformata al 26%. Proprio come succede per azioni e obbligazioni.

Ma è forse sospetto o sconveniente possedere oro senza documenti d’acquisto? In realtà tanti italiani hanno in casa gioielli, monete o altri beni d’oro senza conservare la documentazione di acquisto. Ed è più che legittimo che sia così, basti pensare a regali o a eredità non dichiarate formalmente.

Ecco perché la normativa può essere considerata ingiusta anche quando il prezzo di acquisto è noto ma risale a molto tempo fa: l’imposta sui guadagni di capitali è pensata per operazioni finanziarie, non per investimenti a lungo termine in beni reali. L’aliquota del 26% appare insomma esagerata. E infatti non è applicata ad altri beni come immobili, opere d’arte, pietre preziose o antiquariato.

Siamo quindi di fronte a una normativa fiscale che molti investitori interpretano come ingiusta e sproporzionata rispetto al reale guadagno economico, soprattutto in assenza di documentazione d’acquisto. Le modifiche operate dal Governo servivano a colpire le speculazioni ma appaiono troppo rigide e potenzialmente vessatorie.

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