Si avvicina la tassa sui conti svizzeri: se si firma vale almeno 10 miliardi

Mario Monti (Lapresse)

ROMA – Tassare i conti svizzeri: si può fare. Anzi, si è molto vicini a farlo. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Mario Monti a “Piazza Pulita”, giovedì su La7. Il conduttore Corrado Formigli gli ha chiesto: “Presidente, lei ci sta dando una notizia?”. “Sono lieto che lei la coglie come notizia nuova”, gli ha risposto Monti. “Io non ho mai escluso di fare un accordo con la Svizzera. Prima queste cose erano state criticate o annullate dalla Commissione europea e si pensava che sarebbe meglio porre la Svizzera sotto un trattamento più incisivo – prosegue – Siccome ora sta bene anche alla Commissione europea e la Svizzera non rispettava un obbligo per quanto riguarda i frontalieri, che adesso invece il Canton Ticino rispetta, niente è escluso”.

Tanti i fattori che convergono verso una novità importante per le casse dello Stato italiano: un accordo che tassi alla fonte i capitali di investitori/risparmiatori italiani in fuga dalle attenzioni del nostro Fisco. Le banche svizzere si farebbero esattori per conto dell’Italia. Funzionerebbe così: il signor Rossi deposita un milione di euro in una banca elvetica; la banca gli applica “una tantum” la tassa sulle rendite finanziarie previste dalla legge italiana: aumentata dal primo gennaio dal 12,5 (che vale ancora per i titoli di stato) al 20%; poi ogni anno verranno tassati gli interessi/rendimenti sul capitale depositato, con aliquota da determinare; la banca gira l’importo prelevato allo Stato italiano. In cambio il cliente conserva il proprio anonimato (di fatto, è un condono), la Svizzera conserva il bene prezioso del segreto bancario e ottiene che i propri istituti di credito escano dalle “black list” in cui sono state confinati per la loro scarsa trasparenza.

In attesa che l’Europa concluda un accordo con la Svizzera, atteso dal 2008, ci sono già tre Stati che hanno siglato un’intesa come quella che vorrebbe l’Italia: Germania, Gran Bretagna già un anno fa ed Austria negli ultimi mesi. Stati che tra l’altro applicheranno sui capitali depositati in Svizzera una tassazione più pesante di quella attualmente prevista dalla legge italiana: tra il 21 e il 41 per cento per i tedeschi, tra il 19 e il 34 per gli inglesi, tra il 15 e il 38 per gli austriaci. Sui conti degli italiani nei Quattro Cantoni si sta pensando allora ad una prima tassa, dal valore “condonante”, del 20%. Da determinare invece l’aliquota da applicare ogni anno sui rendimenti. In ballo c’è una montagna di capitali, stimata fra i 120 e i 200 miliardi di euro, dalla quale nella meno ottimistica delle previsioni si potrebbero ricavare 10 miliardi. Non solo, a fronte del sostanziale fallimento della riedizione dello scudo fiscale proposta dal decreto Salva Italia, si troverebbe un sistema per alimentare costantemente le casse dello Stato, senza rincorrere capitali nei paradisi fiscali di tutto il mondo e con un sistema di tassazione certo.

Anche perché la Svizzera ha sbloccato i 28 milioni di franchi che nel 2011 erano stati trattenuti dal Canton Ticino dalle imposte alla fonte trattenute dai “frontalieri“, ovvero quei 51 mila lavoratori italiani residenti nelle province di confine (Sondrio, Lecco, Como, Varese, Verbania), che usufruiscono dei servizi pubblici in Italia ma lavorano e pagano le tasse in Svizzera. Come compensazione, un accordo degli anni 70 prevedeva che le autorità ticinesi versassero ai Comuni italiani il 38,8% delle trattenute fiscali. Nel 2011, a mo’ di ritorsione contro l’Italia, il Cantone svizzero aveva bloccato la metà di questa somma, 28 milioni di franchi appunto.

Nell’insieme di fattori che spianano la strada all’accordo, oltre alla fine della tensione sulla questione dei frontalieri, c’è anche la situazione del franco svizzero. Che si è apprezzato troppo rispetto all’euro, penalizzando le esportazioni elvetiche. Nonostante i ripetuti sforzi della Banca centrale svizzera (Snb), che ha azzerato i tassi di interessi e ha operato forti iniezioni di liquidità. Così Snb ha bloccato il cambio euro/franco a un minimo di 1,2: se il franco svizzero, che in questo momento di crisi – e soprattutto di crisi dell’euro – si rafforzasse ancora, data il suo tradizionale ruolo di bene rifugio, la banca centrale di Berna si è impegnata ad acquistare euro per far svalutare la propria moneta. Il franco-bene rifugio diventerebbe meno appetibile dai mercati solo se fosse introdotta una tassazione sui capitali depositati in Svizzera. Interessi convergenti: Berna si ritroverebbe una moneta meno forte, gli Stati europei fra cui l’Italia si metterebbero un po’ dei soldi degli evasori in cassa. Un altro valido motivo per credere che un accordo per tassare i conti svizzeri si può fare.

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