Tasse. Riforma Lavoro e Aspi, che c’entrano affitti e biglietti aerei?

Pubblicato il 6 Aprile 2012 - 09:44 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’accordo sulla Riforma del Lavoro vale nuove tasse, in particolare meno deduzioni fiscali sugli affitti, in pratica un aumento del 10%, sulle auto aziendali e un aumento di due euro delle tasse aeroportuali. L’impatto dell’Aspi (associazione sociale per l’impiego), un ammortizzatore sociale con principi più estensivi di applicazione, è parecchio oneroso: per finanziarlo servono 2,7 miliardi nel 2013, 4,1 miliardi nel 2014, di cui 0,8 e 1,3 miliardi arriveranno dall’aumento dei contributi appena varato.

La reazione delle imprese è veemente, minacciano anche la disdetta dei contratti precari. Anche Il Sole 24 Ore, fin qui quasi “embedded” con il Governo Monti, ne critica apertamente i “pasticci che ipotecano il futuro”, alludendo al passo indietro sulla flessibilità in uscita (licenziamenti) e alla rozzezza delle coperture trovate per gli ammortizzatori sociali (“che cosa c’entrano i rincari su casa, auto aziendali, biglietti aerei?), fino a sollevare dubbi anche sul metodo di gestione della complicata trattativa (all’estero non si parla di beghe domestiche). In pratica un invito a rifare di giorno “i conti maldestramente impostati di notte”, con chiaro riferimento ai vertici notturni con i segretari di partito.

Affitti. Se con la nuova Imu sono praticamente spariti i contratti concordati (si vedrà come i Comuni affronteranno la questione), sugli affitti a libero mercato cade la mannaia sulle deduzioni fiscali previste sui canoni di locazione. Prima del rincaro la quota esente dall’Irpef era del 15%, da oggi è limitata al 5%. Un aumento del 10% a seconda del reddito e del gioco delle addizionali. Parliamo di un settore su cuii grava già una fiscalità onerosa. Il reddito imponibile è dato dal valore più alto tra la rendita catastale rivalutata e il canone di locazione aggiornato con le stime dell’Istat, sul quale veniva imposta una riduzione del 15% (a Venezia e isole della laguna, per esempio era del 25%).

La mazzata sugli affitti si farà sentire sul mercato. Su quelli concordati la deduzione fiscale poteva arrivare fino al 40,5% nei Comuni e ad alta densità abitativa, praticamente tutte le grandi città e relativi hinterland. In alcuni casi i Comuni scontavano addirittura tutta la quota Ici. Ora non ci sarà nessuna convenienza ad adottarli. L’introduzione della cedolare secca al 21%  è stata praticamente un flop. Gli aumenti stanno penalizzando il mercato degli affitti con conseguente diminuzione della redditività media dell’abitativo. Alla fine si può ipotizzare (lo fa Saverio Fossati per Il Sole 24 Ore) l’ipotesi realistica che i proprietari di abitazioni affittate migrino verso la cedolare secca mentre si aggraveranno i rincari sugli altri immobili, quindi negozi e magazzini.