Tasse: il 12% ne paga il 58%. Spesa pubblica sale al 45,7% del Pil

Tasse in Italia: il 12% ne paga il 58%. Spesa pubblica sale al 45,7% del Pil
Tasse: il 12% ne paga il 58%. Spesa pubblica sale al 45,7% del Pil (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Tasse: il 12 per cento dei contribuenti italiani paga il 58 per cento delle tasse riscosse sul reddito. Chi paga integralmente le tasse per trattenuta alla fonte (lavoratori dipendenti e pensionati) sostiene e paga gran parte dell’Irpef. Al contrario l’Iva che grava soprattutto sul lavoro autonomo è la tassa più evasa d’Italia. E questo più o meno è noto da anni e anni, anche se mai assimilato dalla politica e dalla pubblica opinione che amano parlare di una esasperata tassazione in generale.

Non è così, l’esasperata tassazione non è generale, per nulla.  Che il 12 per cento dei contribuenti paghi il 58 per cento delle tasse di tutti, che ci siano contribuenti che pagano ciascuno per sei vuol dire che le tasse sui redditi medio-alti accertabili sono altissime e intollerabili. Giustamente la nostra Costituzione prevede una progressività della tassazione rispetto al reddito (più guadagni più paghi in tasse). Ma in Costituzione non c’è scritto la progressività debba valere solo per il lavoro dipendente e soprattutto non c’è scritto che la progressività debba avere queste dimensioni: 12 per cento che paga il 58 per cento!

Questo dato dice, attesta e documenta in maniera inoppugnabile che non c’è spazio per ulteriore tassazione ai redditi medio-alti. Oltre questi livelli ed aliquote si è nella dimensione non della progressività, ma dell’esproprio. Il tutto aggravato da una mappa socio-reddituale condivisa di fatto sia da M5S che da buona parte della sinistra (non manca all’appello anche la demagogia di destra) che fa partire l’agiatezza economica da redditi da 2500 euro mensili in poi.

Il dato del 12 per cento dei contribuenti che paga per sei e paga il 58 per cento di tutte le tasse pagate dice che non è vero, anzi è proprio falso che ci sia spazio per tassare ancora i cosiddetti ricchi. Già lo si fa in abbondanza, a condizione che i cosiddetti ricchi abbiano reddito da lavoro dipendente o da pensione. Ai redditi già medi e non ancora alti viene tolto troppo in tasse. Eppure la narrazione socio politica della sinistra non vede questa evidenza.

L’altro dato: la spesa pubblica che sale ancora al 45,7 per cento del Pil. Era all’ultimo conteggio del 44,8 per cento del Pil. Non stupisce l’aumento della percentuale (quota 100, reddito cittadinanza). Non stupisce più da tanto tempo ormai quel che dovrebbe più che stupire: come fa un paese, una popolazione, un sistema, una…gente a lamentare sempre e comunque e dovunque una mancanza di risorse e spesa pubblica quando la spesa pubblica è da sempre e sempre quasi la metà di tutta la ricchezza prodotta?

Ogni cronaca, giudiziaria, nera o bianca o di costume che sia, ogni intervista al cittadino e ogni pubblica dichiarazione di autorità portano tutte lo stesso segno: mancano i soldi. L’intera cronaca italiana è la cronaca di una questua di denaro pubblico. Eppure di denaro pubblico ne va in giro il 45 per cento di tutto il denaro che c’è. Come son possibili insieme l’una e l’altra cosa? Una buona anche se non esaustiva spiegazione è che che da decenni la spesa pubblica è aumentata per decenni. Quindi l’intera geografia, insomma tutti, sono stati assuefatti all’idea e alla pratica che l’aumento di spesa fosse naturale e costante, di fatto dovuto.

Ciò che in realtà è venuta a mancare non è stata la spesa pubblica ma il suo incremento alla velocità cui ci si era assuefatti. I tagli che tutti lamentano sono tagli sulle aspettative di aumento, non tagli sulla spesa. Abbiamo chiamato e chiamiamo austerità il rallentamento della spesa pubblica. L’austerità intesa come stop o arretramento di spesa pubblica non c’è mai stata.

Eppure mezzo popolo e anche più schiuma dalla voglia di tassare chi è già troppo tassato e mezza politica vincente e dominante racconta al popolo che “i soldi ci sono, basta andarli a prendere dai ricchi”. E mezzo popolo, anzi molto più di mezzo, è convinto, certo e sicuro di doversi liberare e vendicare di una austerità che nei conti pubblici non c’è mai davvero stata. Guai ai redditi medio-alti e fuoco all’austerità sono i pilastri della narrazione condivisa. Mentre, in perfetta e conseguente corrispondenza, evasione fiscale e contributiva e arraffo di denaro pubblico sono i pilastri della società reale. 

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