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Tasse: italiani pagano 552 euro a testa in più rispetto a tutti gli altri Paesi Ue

di Alessandro Avico |4 Agosto 2019 17:27

Foto di repertorio Ansa

Foto di repertorio Ansa

ROMA – Nel 2018 gli italiani hanno versato al Fisco 552 euro a testa in più di quanto hanno fatto, in media, gli altri cittadini europei. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia che ha comparato la pressione fiscale dei 28 Paesi dell’UE e, successivamente, ha calcolato il divario esistente tra l’Italia e ciascun Paese appartenente all’Unione: per l’Italia il conto è di 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all’ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell’Unione Europea. 

“Il tempo degli slogan e delle promesse è terminato – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi degli Artigiani di Mestre, Paolo Zabeo – Con la prossima manovra di Bilancio è necessario uno scossone che nel giro di qualche anno riduca di 3-4 punti percentuali il peso delle tasse. Considerata la delicata situazione dei nostri conti pubblici, questo intervento sarà praticabile solo ed esclusivamente se si riuscirà ad abbassare, di pari importo, la spesa pubblica improduttiva e una parte dei bonus fiscali”. Una operazione, quest’ultima, “che appare difficilmente perseguibile. A confermarlo sono i risultati ottenuti in questi ultimi 10 anni – continua -. Tutti gli esecutivi che si sono succeduti si sono cimentati con grande determinazione sul versante della spending review; gli esiti, però, sono stati insoddisfacenti. L’auspicio è che il Governo Conte abbia maggiore fortuna”.

Le troppe tasse, per la Cgia, sono un problema non solo perché mettono a repentaglio la tenuta finanziaria di tante famiglie e altrettante imprese, ma anche poiché hanno innescato nel sistema economico dei processi viziosi molto pericolosi. “Con un peso fiscale opprimente e una platea di servizi erogati dall’Amministrazione pubblica che negli ultimi anni è diminuita sia in termini di qualità che di quantità – dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason – la domanda interna e gli investimenti hanno subito una caduta verticale. Inoltre, è diventato sempre più difficile fare impresa, creare nuovi posti di lavoro e redistribuire la ricchezza. Alle piccole e piccolissime imprese, altresì, l’effetto combinato tra il calo dei consumi delle famiglie e la contrazione dei prestiti bancari ha provocato molti squilibri finanziari, costringendo tantissimi lavoratori autonomi a chiudere l’attività e a cambiare mestiere”.

In attesa che la manovra di Bilancio 2020 chiarisca come verranno recuperati i 23,1 miliardi di euro necessari per evitare che dal prossimo 1 gennaio l’Iva torni ad aumentare, gli Artigiani ricordano che la pressione fiscale reale presente nel nostro Paese è di 6 punti superiore al dato ufficiale. Il nostro Pil, infatti, come del resto quello di altri Paesi dell’Ue, include anche gli effetti dell’economia non osservata che, secondo le ultime stime dell’Istat, ammontano a 209 miliardi di euro all’anno. Questa “ricchezza”, generata dalle attività irregolari e illegali, se da un lato non fornisce alcun contributo all’incremento delle entrate fiscali, dall’altro accresce la dimensione del Pil.
Nel 2018 in Europa solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno pagato mediamente più tasse di noi.

Se avessimo la pressione fiscale della Germania verseremmo 24,6 miliardi di tasse in meno (407 euro pro capite), dell’Olanda 56,2 (930 euro pro capite), del Regno Unito 114,2 (1.888 euro pro capite) e della Spagna 119,5 (1.975 euro pro capite). (Fonte Ansa).

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