Le tasse vengono pagate e poi finiscono nel conto corrente sbagliato. Lo scandalo di Tributi Italia

Un'inchiesta di 'Repubblica' svela che almeno 90 milioni di euro - ma forse molti di più - di tasse sono state pagate dai cittadini ma mai versate nelle casse dei rispettivi Comuni

I cittadini pagano le tasse: Tosap, Tarsu, Cosap, Ici, le multe. Tasse che dovrebbero servire allo Stato ad offrire servizi ai cittadini come scuole, sanità, assistenza. Dovrebbero, appunto.

Un’inchiesta di ‘Repubblica’ svela che almeno 90 milioni di euro – ma forse molti di più – di tasse sono state pagate dai cittadini ma mai versate nelle casse dei rispettivi Comuni. I soldi sono finiti nel conto corrente sbagliato. È lo scandalo annunciato di “Tributi Italia”, società privata per la riscossione delle imposte locali, nata a Chiavari e cresciuta in fretta in tutta Italia, a nord e a sud, al centro e nelle isole.

Centinaia di piccoli Comuni sparsi lungo la Penisola sono sull’orlo della bancarotta: a Pomezia c’è un ammanco di quasi 22 milioni, Aprilia (20 milioni), Nettuno (3,2 milioni), Augusta (quasi 5 milioni), Bergamo (2,2 milioni), Fasano (quasi 2 milioni) e poi tanti altri. E i servizi, quelli per cui i cittadini pagano le tasse, spesso sono stati azzerati e sono saltati oltre mille posti di lavoro. “Tributi Italia”, la società che raccoglieva le tasse per circa 400 Comuni, sta fallendo o è già tecnicamente fallita. Ha chiesto di poter accedere al concordato preventivo previsto della legge Marzano, la versione italiana del “Chapter 11” americano e il governo ha approvato una norma (sta nel decreto incentivi) per salvare la superholding delle tasse.

Adesso l’azienda sta affrontando una situazione di stallo. Cancellata per inadempienze dall’albo dei riscossori, quindi in attesa della decisione di merito del Consiglio di Stato, dopo la sospensiva ordinata dal Tar del Lazio. Ma difficilmente verrà cambiato l’epilogo dello scandalo. Il Tribunale di Roma deciderà prossimamente sull’ammissione della società al concordato preventivo. La Procura di Velletri si sta preparando a chiedere il rinvio a giudizio dei vertici della società con l’accusa di peculato. E le altre tredici inchieste aperte proseguiranno.

Ma come è potuto accadere il furto delle tasse? Il sistema è perverso. Le tasse dovrebbero essere riscosse da molte società diverse, invece “Tributi Italia” riesce a prendersi direttamente o attraverso una società mista pubblico privata, di cui possiede il 49 per cento, il servizio della riscossione. Nei consigli di amministrazione, però, la maggioranza va ai privati così da assicurargli il governo della società. Le gare d’appalto (quando ci sono) sono ritagliate sulle caratteristiche della società mista di turno. Così, per impedire la concorrenza delle banche, all’attività di accertamento e riscossione dei tributi si affianca quella della manutenzione del verde pubblico.

Ad Aprilia, ad esempio, le fidejussioni a garanzia delle prestazioni di “Tributi Italia” erano state emesse l’una dall'”Italica” di Cassino, destinata a fallire da lì a poco e con il proprietario indagato per truffa in un’inchiesta calabrese; l’altra da “Fingeneral” per nulla intenzionata a intervenire per via dell’insolvenza di “Tributi Italia”. Fidejussioni inesistenti e revisori dei conti non iscritti all’albo, ma messi addirittura a presiedere l’organo di controllo.

Ma dove sono finiti i soldi che hanno provocato una voragine nei conti di così tanti municipi? Chi sa dove sono? ‘Repubblica’ scrive che “Giuseppe Travaglini, quarantacinquenne, marchigiano, sostituto procuratore della Repubblica a Velletri, ha ricostruito il percorso seguito dalle tasse del vicino comune di Nettuno, delineando così il ‘sistema Saggese’. L’ipotesi è che ci sia un ‘Conto padre’ nel quale arrivano tutte le tasse provenienti dai vari Comuni. Dal ‘Conto padre’, poi, si dipanerebbero i conti affluenti, i ‘conti figli’, lasciati costantemente a zero. Da qui i soldi dei cittadini finirebbero nelle tesorerie dei Comuni, in ogni caso con un guadagno derivante dalla maturazione degli interessi bancari. Ma poi c’è il gran miscuglio: le tasse di Alghero che finiscono a Forlì, le multe di Nettuno usate per finanziare il verde pubblico di Bari e via dicendo. Spesso – secondo l’ipotesi dei pm – le tasse sono servite a Saggese per ripianare parte dei debiti con le banche”

E’ in questo modo che sarebbe stata possibile la crescita di “Tributi Italia”, diventata la prima società privata della riscossione con oltre 230 milioni di fatturato nel 2008 e circa 1,8 milioni di utili prima delle imposte. Una crescita anche di potere nel rapporto con i politici locali, i partiti, le consorterie, gli amministratori.

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